Export del Made in Italy e Immigrazione
Quali saranno gli effetti dell’immigrazione sull’export del made in Italy? Come verranno percepiti i prodotti tipici italiani?

IMMIGRAZIONE, MADE IN ITALY E POTENZIALITA’ DI EXPORT
Perche’ immigrazione e made in Italy?
Ho gia’ parlato delle conseguenze strategiche e degli aspetti di gestione dell’immigrazione adottando un asettico punto di vista geopolitico.
Ora vorrei analizzare – sempre asetticamente – gli effetti dell’immigrazione sull’export del made in Italy.
Fra l’altro, si potrebbe fare un ragionamento simile anche per il made in France – giusto per dirne una.
Per farla breve: la modifica del sistema culturale-economico italiano avra’ forse un’influenza di qualche tipo su come viene percepito il prodotto italiano tipico – e quindi sulla sua potenzialita’ di export? Questo, soprattutto quando in competizione con il made in India od il made in China, tanto per fare un esempio.

Cosa rende tale il made in Italy?
Un made in Italy che sia indubbiamente tale produttivamente, ma che sia fatto secondo il gusto di un’altra cultura, come sara’ percepito all’estero?
Ed i prodotti italiani che si rifanno alla storia ma che sono prodotti da artigiani del Bangladesh che vivono in Italia?
E quando si viene al marketing che deve contenere elementi caratteristici non solo del prodotto ma anche del luogo di produzione? Come influira’ il cambiamento del panorama culturale in atto?
In poche parole: sara’ ancora possibile fare export di prodotti tipici e made in Italy come qualche anno fa? Oppure i consumatori e gli importatori esteri gireranno le spalle a cio’ che non percepiscono piu’ come tale – magari per acquistare direttamente in Bangladesh?

IL CASO DELL’ARTIGIANATO O DEL PRODOTTO TIPICO LOCALE
Per fare export di prodotti locali, bisogna prima capire cos’e’ un prodotto locale
Un paesaggio con i minareti puo’ ancora essere percepito come made in Italy?
E’ comunque sicuro che nessuno comprera’ mai un prodotto venduto come made in Italy, se sull’etichetta appare un paesaggio con minareto o tempio buddista. Perlomeno, io non ci proverei nemmeno a fare export di un prodotto evidentemente senza futuro commerciale.
Esattamente come nessuno comprera’ mai il pezzo di arredamento ufficialmente di artigianato made in Italy, se il gusto che ne traspare ha un che di orientale.
Badate bene che stiamo parlando esclusivamente di business ed export. Eventuali altri fattori non ci interessano.
Video: Arredamento – Come Fare Internazionalizzazione?
Il caso dell’arredamento made in Italy
Soprattutto per quanto riguarda export ed internazionalizzazione dell’arredamento, si parla spesso di richieste di prodotti di elevata qualita’ da cui traspaia in modo inequivocabile l’autentico gusto italiano.
In fondo, qui spunta il concetto di artigiano – o comunque lavorazione artigianale. Che e’ poi l’unico modo di distinguere il vero Made in Italy. Quest’ultimo non e’ fatto da etichette o dal materiale ma dal design e dalla lavorazione: sia il primo che (soprattutto) il secondo sono il risultato di generazioni di artigiani che hanno tramandato – all’interno della stessa famiglia o quasi – l’arte dell’arredamento di qualita’.

L’importanza dell’ambiente
La tradizione dell’arredamento in questione e’ fortemente legata ad un ambiente:
- Culturale
- Che parla di antichi campanili, storie
- Legato a tradizioni – ed anche devozioni – locali che hanno sempre fatto parte del modo di vita stesso dell’artigiano fin dai suoi primi giorni di vita.
Senza i componenti – che possiamo definire culturali – appena visti, o meglio il loro mix, nessun artigiano riuscira’ mai a dare il gusto locale ad un pezzo di arredamento. Quindi quest’ultimo non sara’ percepito come made in Italy dall’acquirente – che potrebbe anche essere un grosso rivenditore.

Il vero prodotto locale
Forse il capitolo precedente risponde alla tipica domanda di tante PMI: Perche’ non riesco a vendere all’estero?
Per fare del vero made in Italy, bisogna:
- Avere vissuto e lavorato – ed essere stati “immersi” – per decenni in un ambiente culturale unico ed irripetibile
- Avere “respirato” i valori – anche religiosi, vista la loro importanza – tradizionali, ecc.
Quindi, per quanto un immigrato da un altro continente possa impegnarsi, non potra’ mai raggiungere il livello “ispirativo” e di design dell’artigiano locale – semplicemente, non vi sono gli ingredienti. Tale persona ha di solito altre tradizioni, e magari un’altra religione ed un modo di vedere la vita totalmente differente
Ricordate: se voi vi chiedete come fare export ed internazionalizzazione, quando si tratta di prodotti tipici il buyer si chiede dove comprare.

LE CONSEGUENZE DELL’IMMIGRAZIONE SULL’EXPORT DEL MADE IN ITALY – O MADE IN FRANCE
Le conseguenze dell’immigrazione ed il marketing
Posto che non ci stiamo occupando di politica o simili, ma di business ed export, e’ il caso di dire le cose come stanno. In poche parole, la radicale modifica che sta subendo il paesaggio italiano a seguito dell’immigrazione contribuisce a rendere il Made in Italy sempre meno tale. Peraltro, tale modifica era gia’ iniziata con l’urbanizzazione galoppante.
Come abbiamo visto, alcuni elementi locali hanno un’importanza fondamentale nel marketing.
Il frantoio di qualita’ poteva forse invitare il cliente importante a visitare i luoghi qualche anno fa, quando il paesaggio raccontava una storia di lavoro, passione e cultura locale. Ma se il cliente arriva e vede nuovi palazzi (solitamente multi-etnici, di questi tempi) e magari un minareto o un tempio di un’altra religione non tradizionale che oscura l’antica chiesetta, quale sara’ il valore aggiunto di una simile visita?

Perche’ il cliente dovrebbe comprare il made in Italy?
In un precedente articolo ci siamo chiesti dove fare export ed internazionalizzazione. Ora provate ad invertire il punto di vista ed a chiedervi: Io importerei un prodotto che per me non ha piu’ il valore che usava avere?
Probabilmente il buyer andra’ ad acquistare nella valle vicina, od addirittura concludera’ che il made in Italy non esiste piu’. A questo punto potrebbe acquistare in un paese extra UE ad un prezzo molto minore.
Il danno peggiore per l’export? L’acquirente trarra’ delle conclusioni generali sull’Italia – o la Francia, o la Germania.
Ed in fondo, se i luoghi non sono piu’ tradizionali, se chi prepara il prodotto non beneficia della – insostituibile, come abbiamo visto – tradizione locale ed e’ un italiano che non padroneggia la lingua, cosa potrebbe dire il possibile compratore?
Magari questo: Sono venuto per il Made in Italy, ma a questo punto posso acquistare uno pseudo Made in Italy fatto in Russia od addirittura in India.

MARKETING E USA
Per fare export del made in Italy bisogna fare marketing americano
Tratto marketing ed USA assieme perche’ l’avanguardia del marketing moderno e’ nata negli Stati Uniti.
Inoltre, gli USA sono uno dei pochi stati in possesso di tecnologie pari o superiori a quelle europee – e’ ben noto che l’export americano di alta tecnologia verso la UE e’ elevatissimo.
Come gia’ accennato, qualsiasi esperto di marketing all’avanguardia vi dira’: Tu non stai vendendo solo un prodotto, stai vendendo cultura, tradizione e gusto.

Luoghi e tradizioni
Ecco la motivazione del grande spazio dedicato, dalle aziende del Made in […..] che sanno come incrementare l’export, a foto e descrizioni:
- Dei luoghi
- Delle tradizioni
- Della cultura e perfino dei miti locali.
Mi premeva spiegare meglio come funziona il marketing moderno, in particolare del Made in […..]. Ora sapete che quanto gia’ scritto e’ rocket science, come dicono gli americani, e che non e’ frutto di opinioni personali.

CASE STUDY – EXPORT IN USA
Analizziamo ora un caso specifico di export del made in Italy, ovvero il mercato americano.
Che gli americani siano grandi estimatori dei prodotti italiani e’ ben noto, come e’ ben nota la loro passione per la storia che sottende il prodotto. Senza tale storia, niente impedisce loro di comprare vino californiano – ormai di eccellente qualita’ – invece della prestigiosa marca italiana.

Immaginate ora due distinte storie:
1) La mia famiglia produce vino da tempo immemorabile
La mia famiglia risale perlomeno al medioevo, quando la penisola era divisa in tanti feudi. Uno di questi feudi era proprio Rocca Pendice, dove, secondo la leggenda, l’imperatore sosto’ la notte prima della battaglia di Terrafino e gusto’ il vino di questa magnifica valle piena di storia.
Abbiamo sempre prodotto vino, in questa valle dove ancora si respira la tradizione, e quando soffia il vento si possono ancora immaginare i rumori di antiche battaglie. L’etichetta del nostro vino rappresenta fedelmente il paesaggio ancora tradizionale della nostra valle. Vieni a trovarci, visita la nostra valle e gusta la nostra storia ed il nostro vino.

2) Sono immigrato dal Bangladesh
Dopo tanti sacrifici, ho iniziato a lavorare come ragazzo di fatica in una panetteria. Quando sono riuscito a mettere qualcosa da parte, ho aperto una piccola cantina assieme ad un socio immigrato dall’India. Il nostro vino e’ frutto di tanto amore e fatica; il logo mi e’ stato ispirato da un mosaico che vedevo sempre da bambino in Bangladesh. Puoi acquistare il nostro vino online, con uno sconto del 20% sulla concorrenza.
Il povero produttore immigrato dal Bangladesh non puo’ invitare nessuno, ne’ tantomeno mostrare foto sull’etichetta, perche’ la sua impresa si trova in un’area multi-etnica e sullo sfondo si vedrebbe un minareto.

Quale prodotto scegliereste?
Allora, se voi foste un americano che desidera importare – e soprattutto commercializzare – del vino di classe, rigidamente made in Italy, cosa scegliereste?
La storia della persona immigrata dal Bangladesh parla di lavoro e sacrificio, ma che l’americano puo’ trovare altrettanto quasi ovunque negli Stati Uniti.
Si puo’ verificare un problema di export anche per il produttore del caso numero uno. Questo potrebbe accadere quando si ritrova con una valle che e’ ormai multi-etnica, con maestranze immigrate, e magari con un tempio buddista sullo sfondo. Che storia puo’ raccontare a questo punto? Fosse in Asia potrebbe andare, ma non in Italia.
Inutile dire che a questo punto il commerciante USA, visto che la qualita’ dei vini californiani ha ormai poco da invidiare a quelli italiani, comprera’ californiano – risparmiando su dazi e quant’altro.
Dulcis in fundo: gli USA sono una delle principali mete dell’export del made in Italy. Dopo la “catastrofe” commerciale causata dalla politica della UE, il mercato russo si e’ ampiamente dileguato. Non tornera’ piu’ se non per chi sa fare vera impresa.

E L’EUROPA CHE VUOLE FARE EXPORT ED INTERNAZIONALIZZAZIONE?
L’Europa sta cambiando – I prodotti pure
Questo discorso vale un po’ per tutta l’Europa.
A seguito dell’immigrazione, il vecchio continente sta cambiando, come stanno cambiando i paesaggi culturali, le tradizioni, il modo di fare affari, ecc.
Peraltro, l’intellighenzia europea ha sempre sostenuto la necessita’ e l’opportunita’ di tale cambiamento radicale.
I prodotti europei sono sempre piu’ rivolti ai nuovi abitanti, ovvero sono sempre piu’ “africani” od “asiatici”.
Perche’ i paesi africani o asiatici dovrebbero comprare delle “brutte copie” dei loro prodotti? Sarebbe lo stesso dello pseudo made in Italy, solo che sarebbe pseudo made in Gambia, giusto per dirne una.

Preservare il made in Europe. Ma come?
L’Europa perdera’ sempre piu’ la sua attrattiva come fonte di prodotti di qualita’ “europei”. Per quanto riguarda le produzioni industriali, e’ ben noto che paesi come India e (soprattutto) Cina sanno ormai produrre con qualita’ quasi uguale ma a meno prezzo. Ne consegue che il declino dell’export della grande produzione industriale e’ inevitabile.
Ne’ e’ prevedibile che il sistema ormai irrimediabilmente ingessato dell’Unione Europea possa ideare una qualche soluzione efficace al problema.
Fra qualche anno, l’Europa sara’ la stessa, o una “brutta copia” del mercato indiano?
A questo punto, e’ ancora piu’ necessario preservare il made in Europe – inteso come made in Italy o Germany od altro – per potere esportare.

Conseguenze dell’immigrazione?
Ma come abbiamo visto, una delle conseguenze (meno) evidenti dell’immigrazione e’ il declino del Made in [….].
Per quanto si parli di tutela del made in Italy, il futuro e’ complicato.
In poche parole – e badate bene che non abbiamo mai considerato il fattore politico, perche’ qui si parla di business – dal punto di vista dell’export, l’immigrazione implica conseguenze negative per il made in Italy.
ottobre 26, 2016 alle 01:20
Salve, ho letto il suo articolo con attenzione e alcune dichiarazioni da lei fatte mi sembrano alquanto discutibili, posto che stiamo ciascuno esprimendo una personale opinione.
Il primo punto che vorrei contestarle riguarda un altro articolo in cui menziona il pericolo nell’uso di etichette su prodotti presuntamente made in italy dove si rappresenta un tipico paesaggio italiano con un minareto dietro…mi permetto di dire che solo un pazzo farebbe una mossa commerciale simile.
Vivo all’estero da molti anni, di prodotti contraffatti e falso made in italy ne ho visto tanto in giro e le assicuro che nessuno si azzarderebbe ad usare un’etichettatura del genere.
Al contrario, l’arte del contraffattore è proprio quella di dissimulare, almeno all’apparenza, il prodotto ed edulcorare il contenuto ergo questi sicuramente creerà un’etichetta che evochi l’italianità, ad esempio un paesaggio tipico, materie prime, magari financo il Colosseo romano!! Ma rappresentare una tipica azienda italiana con una moschea dietro credo che è un rischio che non si prenderebbe nessun produttore o distributore con sano giudizio. Italiano o straniero che sia.
Seconda osservazione, a me non risulta che l’Italia sia piena di frantoi e cantine con dietro minareti e moschee…detto questo, non vedo alcun nesso, come invece lei sostiene, tra il fatto dell’immigrazione e la deturpazione di un territorio con “palazzine multi-etniche”, come lei le definisce.
Il deterioramento del nostro territorio è evidente ma nulla ha a che vedere con l’immigrazione quanto piuttosto col proliferare della cementificazione spietata attuata da palazzinari senza scrupoli (i cosiddetti furbetti del quartierino, quelli si italianissimi!), con l’esistenza di piani regolatori illogici approntati dai comuni e con le scellerate scelte della nostra politica nazionale che, dopo anni di condoni e de-regolamentazioni varie, sta distruggendo il nostro territorio.
In conclusione, più che all’immigrazione e alle contaminazioni culturali (in molti casi fonte di arricchimento e non impoverimento di un paese), attribuirei il decadimento del made in italy alle scelte ottuse (e molto spesso alla passività) della nostra classe politica la quale ha ampiamente dimostrato di non fregarsene nulla della difesa dei prodotti italiani sia nel mercato interno che all’estero.
La saluto cordialmente.
Alfredo
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ottobre 26, 2016 alle 19:26
Grazie per il cordiale commento, Alfredo: le opinioni sono il sale della terra e mi fa molto piacere leggere il suo parere.
Per quanto riguarda i suoi punti:
1) Per le etichette, il punto sta nel fatto che e’ difficile produrre un’etichetta (genuina ovviamente, ovvero non contraffatta) che rappresenta il paesaggio tipico – quando tale paesaggio non esiste piu’. Quello dei minareti o del tempio buddista e’ un esempio limite, forse, ma rende l’idea; in generale, il paesaggio tipico italiano sta sparendo, e questo crea notevoli difficolta’ nel rappresentare la realta’ storica e territoriale del prodotto. E’ anche vero che in altri paesi non si tratta di un caso poi cosi’ limite: la forte immigrazione sta cambiando il panorama edilizio – ovviamente, l’uomo modifica sempre il paesaggio dove vive.
2) Penso che la frase cui Lei si riferisce sia ‘… Il frantoio di qualita’ poteva forse invitare il cliente importante a visitare i luoghi (che come abbiamo visto hanno un’importanza fondamentale nel marketing) qualche anno fa, quando il paesaggio raccontava una storia di lavoro, passione e cultura locale. Ma se il cliente arriva e vede nuovi palazzi (solitamente multi-etnici, di questi tempi) e magari un minareto o un tempio di un’altra religione non tradizionale che oscura l’antica chiesetta, quale sara’ il valore aggiunto di una simile visita? …’ Che la cementificazione esagerata abbia deturpato il territorio (con spiacevoli conseguenze idrogeologiche) e’ pacifico; che, vista la forte immigrazione, i nuovi palazzi (tipo condominio) siano solitamente multi-etnici e’ altrettanto pacifico.
3) Non ho mai scritto di ‘contaminazioni culturali’, come dice Lei: mi interessa l’aspetto business e non altre considerazioni – solitamente legate al pensiero politico e/o ideologico. Quindi non entro nel merito – legato alle idee personali – di cosa sia l’immigrazione, se sia positiva o negativa (per capirci) in senso generale per un paese specifico.
3 bis) Slegandoci per il momento da questo articolo, posso solo dire che sull’evidente fallimento (dal punto di vista manageriale) del progetto immigrazione europeo ho scritto un articolo: Immigrazione – Conseguenze Strategiche ed Aspetti di Gestione, https://exportok.wordpress.com/2015/09/10/immigrazione-conseguenze-strategiche-gestione/
4) Per quanto riguarda le scelte della classe politica italiana in campo export e mercato interno, non mi esprimo, ovviamente.
Saluti cordiali anche a Lei,
Dave
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