Rischi di Export ed Internazionalizzazione – Rapporto Libia e Dintorni
E’ impossibile parlare di rischi e di Libia senza prendere in considerazione anche Egitto, Africa sub-sahariana, Algeria e Tunisia.
Video – War in Libya: Battle for Tripoli escalates | DW News
LIBIA, ITALIA, EGITTO, ALGERIA E TUNISIA
Per meglio comprendere cosa sta accadendo in Libia – e le motivazioni – consiglio caldamente la lettura del mio articolo geopolitico Situazione in Libia: la Guerra Inevitabile e l’Italia Naif.
Che la Libia sia un posto ben poco indicato per export ed internazionalizzazione dovrebbe essere evidente a tutti. Meno ovvia e’ l’influenza su tutta la regione – e sull’Europa, Italia per prima – che ha la situazione libica.
Che l’Italia sia pesantemente coinvolta in Libia, e’ evidente. Del resto, la “faida” con la Francia a seguito degli ultimi eventi la dice lunga.
Per l’Egitto e la reciproca influenza geopolitica con la Libia, rimando al mio articolo La Scoperta del Gas Egiziano – Le Conseguenze.
Dell’Algeria trattero’ in dettaglio in un altro articolo. Cio’ non toglie che dell’Algeria parlero’ non poco anche in questa occasione – e’ semplicemente impossibile non prenderla in considerazione parlando della Libia.
Infine, la Tunisia e’ ovviamente coinvolta nelle vicende Libiche.

LIBIA – I SOLITI ERRORI DELL’OCCIDENTE
La caduta di Gheddafi ed il caos
La storia di quanto accaduto il Libia dal 2011, con i bombardamenti occidentali e la caduta di Muammar Gheddafi, e’ nota – per gli eventi principali rimando all’Encyclopaedia Britannica.
Meno nota e’ la causa principale del caos che ne seguito: l’Occidente, sempre “fissato” con il ‘no boots on the ground‘, non ha fatto cio’ che doveva per stabilizzare la situazione. In poche parole, non ha inviato soldati.

Cosa non ha voluto fare l’Occidente
All’epoca sarebbero probabilmente state sufficienti quattro-cinque brigate, schierate principalmente lungo la costa ed a protezione delle risorse petrolifere. Tali brigate avrebbero potuto ripulire la situazione e mettere il paese nella condizione di avere stabilita’ – e sicurezza – sufficiente per:
- Fare un governo provvisorio di spessore
- Riorganizzare la polizia e l’esercito
- Tenere regolari elezioni.
Se necessario, si sarebbero potute utilizzare truppe di stati “neutri”, con contingenti occidentali – ad esempio marines USA – pronti ad intervenire da navi al largo. Ricordo che lo sviluppo principale della Libia e’ sempre avvenuto lungo la costa.

Europa, USA, ONU
Purtroppo, la “fobia” dell’Occidente per i ‘boots on the ground‘ lo ha reso cieco alla realta’. Il mondo non e’ tranquillo come l’ Europa o gli USA, quindi se si vuole intervenire negli affari internazionali bisogna essere pronti a fare quanto necessario.
Per quanto riguarda l’ONU, stranamente e’ sempre stata restia a contingenti non “internazionali”. Ma forse si poteva fare qualcosa con dei paesi – possibilmente musulmani – volenterosi.
Ovviamente, un eventuale intervento diretto avrebbe implicato la necessita’ di forti contingenti militari, cosa che l’Occidente si guarda sempre bene dal fare. Di qui, il parere negativo di molti su tale intervento – un’azione con forze chiaramente insufficienti aggraverebbe il problema.

Penso che il risultato di questa politica sia davanti agli occhi di tutti:
- C’erano stati dei miglioramenti nel paese, ma la situazione era ancora altamente instabile
- Milizie e gruppi terroristici spadroneggiavano
- Si e’ arrivati allo scontro diretto tra Bengasi e Tripoli. Ovvero tra il generale Haftar e Sarraj.

LE AREE STRATEGICHE DELLA LIBIA E L’ISIS
La costa e’ il cuore della Libia
Basta guardare una mappa delle infrastrutture petrolifere libiche per capire che tutto gravita attorno alla costa.
Chi controlla la costa – o meglio i punti di arrivo degli oleodotti – controlla l’esportazione del petrolio. Non a caso, proprio il giorno in cui ho originariamente scritto questo articolo e’ stato portato a termine un attacco contro un oleodotto.
Quindi: non solo la gran parte dei centri abitati di una certa dimensione si trova lungo il mar Mediterraneo, ma la vita stessa della Libia e’ legata al Mediterraneo.

Isis e profughi
Quanto appena visto spiega le azioni dell’Isis, a suo tempo concentrate soprattutto lungo la costa. Del resto, l‘Isis non solo mirava probabilmente ad esportare petrolio libico per finanziarsi – come in Irak e Siria – ma aveva bisogno di controllare la costa per avere una via di accesso all’Europa.
Aggiungerei che il controllo degli accessi al Mediterraneo consente di controllare l’estremamente proficuo traffico di esseri umani (i ‘profughi‘) verso l’Italia. Per considerazioni geopolitiche sulla gestione dell’immigrazione, rimando all’articolo Immigrazione – Conseguenze Strategiche ed Aspetti di Gestione.
Le conseguenze di un successo dell’Isis per l’Italia e l’europa sono evidenti:
- Un flusso incontrollabile di ‘profughi’ – l’Italia non ha evidentemente nessuna reale intenzione di impedire l’accesso ai migranti
- Una base terroristica vicina all’Europa, con la possibilita’ di mescolare terroristi e simpatizzanti al flusso dei migranti.

La costa ed i gruppi radicali
E se l’Isis, Al Qaeda o qualche altro gruppo vicino alla jihad arrivasse a controllare la costa libica – od a minacciarne seriamente alcuni tratti strategici?
Ebbene, chiunque abbia il controllo delle infrastrutture petrolifere nella Libia interna dovrebbe abbandonarle molto velocemente. Se anche l’Occidente imponesse un blocco navale, una volta preso il controllo della Libia l’Isis o chi altri potrebbe esportare petrolio via terra verso l’Africa sub-sahariana.
Questo, unitamente all’evidente desiderio di non danneggiare le infrastrutture del petrolio, spiega perche’ – a parte i campi dell’area di Mabruk, a sud-est di Sirte – gli attacchi principali dell’Isis non abbiano inizialmente riguardato le infrastrutture petrolifere.
Per inciso, il controllo di dell’area Sirte – Mabruk consente di tagliare il paese in due. Aggiungo che, vista l’instabilita’ libica, non darei per finito l’Isis – o chi potrebbe prendere il suo posto – in Libia. Del resto, l’Isis e’ quasi al livello di un nuovo califfato in Ciad.
Per quanto riguarda il resto delle aree strategiche, se non sono controllate dall’Isis o dai jihadisti sono generalmente controllate da una miriade di fazioni.

L’afflusso di foreign fighters dell’Isis
La situazione militare in Irak e Siria e’ peggiorata radicalmente. Le conseguenze sono state un forte interesse dell’Isis per il Ciad e la Libia ed un afflusso di militanti verso i due paesi. Pare che all’inizio del 2016 ce ne fossero parecchie migliaia – parliamo solo di Libia.
La situazione politica dei vari governi provvisori libici – nonche’ la difficolta’ di addivenire ad un accordo pratico – erano ben note.
La mia previsione del febbraio 2016
Non ho aggiornato la mia previsione nell’articolo originale. Tale previsione dimostra quanto importanti siano le analisi geopolitiche serie.
Segue la mia previsione.
Penso che sia superfluo sottolineare come il livello di rischio per le imprese dell’export in Libia sia estremamente alto. Oserei dire che probabilmente aumentera’ ancora fino ad un livello di no-go assoluto – a meno di consegne gia’ pagate ed in un paese terzo, ovviamente. Non mi lascerei ingannare dall’apparente normalita’.

I CONFINI LIBICI ED I RISCHI DI EXPORT ED INTERNAZIONALIZZAZIONE
Non solo Libia
Posto che le imprese si stanno guardando bene dal fare – se non in condizioni di assoluta sicurezza – export ed internazionalizzazione in Libia, resta un problema di non poco conto: i paesi confinanti con la Libia.
Dalla Libia si puo’ accedere:
- Ai paesi dell’Africa sub-sahariana, che sappiamo bene avere enormi problemi con le fazioni terroristiche
- Facilmente anche ad Egitto e Tunisia, nonche’ ad un’area dell’Algeria dove vi sono parecchie risorse energetiche.

Egitto
Rimando nuovamente all’articolo citato all’inizio di questo scritto.
Mi limito qui a sottolineare che un peggioramento della situazione in Libia aumenterebbe il livello di rischio di export ed internazionalizzazione in Egitto. Questo avverrebbe soprattutto nelle vicinanze del confine, ma eventualmente anche della costa ovest del paese – facilmente raggiungibile dalla costa libica.

Africa sub-sahariana
Mi riservo di scriverne in dettaglio in futuro.
Mi limito qui a sottolineare che dalla Libia si puo’ accedere a molte aree dell’Africa. Aree che sono a grande distanza dal mare e quindi difficilmente raggiungibili dalle forze occidentali.
Anche per l’Africa sub-sahariana, sottolineo come – al di la’ di altri fattori ben noti dalle cronache – il livello di rischio sia aumentato per le imprese occidentali. A seconda dell’evolversi della penetrazione dell’Isis e simili, potrebbe aumentare ancora.
A chi opera od ha intenzione di operare nelle aree citate, oltre a consigliare di muoversi nei dovuti modi raccomanderei la rapidita’.

TUNISIA ED ALGERIA
Voi sapete che ho sempre insistito molto su come scegliere dove internazionalizzare e fare export, cominciando dai fattori geopolitici – fattori quasi sempre sottovalutati e spesso nemmeno considerati.
Tunisia
Personalmente, sono sempre stato molto scettico sulla situazione rischio aziendale in Tunisia. La primavera araba ed il grande numero di volontari tunisini tra le file dell’Isis mi inducevano a pensieri estremamente prudenti.
Gli eventi hanno poi confermato in pieno i miei dubbi.
La situazione geopolitica, il confine con la Libia e la forte presenza dell’Isis – ed altri attori – mi portano a definire un livello di rischio elevato per la Tunisia.
Se fossi il responsabile di un’azienda che fa export od internazionalizzazione in Tunisia – ce ne sono parecchie, soprattutto italiane – comincerei ad aggiornare i piani di emergenza e di evacuazione. Comincerei inoltre a diminuire l’impegno nel paese.

Algeria
Come dicevo, l’Algeria merita un articolo a parte. Tuttavia, non posso esimermi dal fare delle considerazioni.
La situazione nel sud del paese ha sempre presentato un livello di rischio tutt’altro che trascurabile.
Per quanto riguarda il confine sud-orientale (Libia e Niger), consiglierei di evitare di metterci piede se non con garanzie di forti scorte militari o della Gendarmerie. Del resto, l’attacco ad In Amenas dovrebbe essere nella mente di chiunque faccia export ed internazionalizzazione.

Al momento in Algeria si aggiungono quattro fattori di instabilita’:
- Il cambio di presidente dopo decenni
- L’ulteriore diffusione dell’instabilita’ – non esiste solo l’Isis. Inoltre, il possibile peggioramento della situazione, fino all’eventuale controllo del paese da parte di forze jihadiste
- La situazione in Tunisia, di cui ho scritto. Grossi problemi in Tunisia od addirittura jihadisti che ne potrebbero prendere il controllo avrebbero grandi conseguenze sull’Algeria. Inoltre, in questo caso l’Algeria potrebbe decidere di intervenire militarmente in Tunisia, con conseguenze tutte da valutare
- Il crollo del prezzo del petrolio pone grandi dilemmi all’Algeria. Non si tratta solo di minore disponibilita’ economica – e di valuta straniera – e quindi di meno possibilita’ per l’export e l’internazionalizzazione, ma anche della probabile impossibilita’ di mantenere gli attuali livelli di sovvenzionamento per la popolazione. Si tratta di sovvenzionamenti utilizzati da molti paesi per dare un livello di vita accettabile alla popolazione – di solito molto giovane. Le operazioni terroristiche, anche nel nord del paese, sono sempre continuate: una popolazione insoddisfatta e successi del terrorismo jihadista (forse anche in Tunisia) potrebbero dare nuovo impulso al terrorismo.

Rischi di export ed internazionalizzazione in Algeria
L’Algeria e’ tutto sommato uno dei paesi piu’ stabili della regione, pero’ un eventuale successo delle forze dell’instabilita’ in Libia provochera’ onde che potrebbero travolgere la Tunisia (e non solo) e raggiungere l’Algeria, soprattutto se la Tunisia fosse travolta o comunque destabilizzata.Ovviamente, tutto dipende da come reagira’ l’Algeria.
Per quanto detto, aumenterei il livello di rischio in Algeria, perlomeno per progetti sul medio-lungo periodo.
Come dico sempre, cio’ non significa che non si possa fare (e con profitto) export ed internazionalizzazione nel paese. Significa pero’ che bisogna farli con testa e predisponendo contratti e pagamenti – oltre alle “protezioni” del caso – di conseguenza.
