Fare Export Oggi: Imprese ed Instabilita’ Geopolitica

Come Fare Export? L’instabilita’ geopolitica regna, le aziende e le societa’ di consulenza devono capire che l’internazionalizzazione delle imprese non si fa solo con le opportunita’.

IL REGNO DELL’INSTABILITA’
Otto casi di instabilita’ geopolitica
Ecco otto esempi che dovrebbero avere convinto le imprese del fatto che le cose sono cambiate – viviamo in un momento di instabilita’ geopolitica:
- Brexit e la possibile dissoluzione della UE
- Attacco terroristici – compreso uno che ha colpito principalmente le imprese che fanno internazionalizzazione in Bangladesh
- Gravi problemi razziali negli Stati Uniti
- Vittoria di partiti sovranisti in Repubblica Ceca, Polonia ed Ungheria e reazione dei globalisti
- Attacchi terroristici in Europa: Nizza, Berlino, Londra, ecc.
- Tentativo di colpo di stato in Turchia e reazione di Erdogan
- Rischio di guerra nucleare con la Corea del Nord
- Procedura di impeachment del presidente Donald Trump negli Stati Uniti.

Volete fare export?
Chi fa export – e non solo – deve ormai mettersi in testa che:
- La stabilita’ come sine qua non per esportare e’ un mito
- Le situazioni in cui le aziende europee hanno operato negli ultimi decenni erano l’eccezione e non la regola.
Del resto, chi sapeva fare export extra-UE in modo serio sapeva bene che la situazione in Medio Oriente era tutto fuorche’ stabile. E questo e’ solo un esempio

Cosa c’e’ di nuovo?
C’e’ di nuovo che ora il re e’ nudo: l’instabilita’ ha raggiunto perfino l’Europa e gli Stati Uniti. Cio’ era per altro prevedibile nonche’ previsto con ampio anticipo – vedi ad esempio i miei articoli sulla UE o Rischi di Stabilita’ Geopolitica in USA?
Quello che quasi tutti si rifiutano di comprendere e’ che l’instabilita’ geopolitica e’ sempre stata la norma nella storia, che in Europa abbiamo vissuto in un momento eccezionale.
Ormai nessuno puo’ piu’ nascondere la verita’: l’instabilita’ geopolitica regna. Tuttavia, molte societa’ di consulenza ancora parlano di opportunita’.

Perche’ sottolineo l’instabilita’ geopolitica?
Per ricordare, soprattutto alle imprese che esportano e fanno internazionalizzazione, che per secoli – anzi millenni – si e’ fatto export con profitto anche se la situazione era instabile.
In poche parole: l’impresa che sa il fatto suo puo’ fare profitto anche, e soprattutto, in tempi di instabilita’ politica ed economica – deve pero’ accettare la realta’, cambiare radicalmente mentalita’ ed agire in modo opportuno.
Le novita’ per l’internazionalizzazione delle imprese in breve:
- E’ finita l’era dei consulenti di internazionalizzazione “stile” LinkedIn, tutti in posa “belli”, sorridenti ed incravattati attorno ad un tavolo con un laptop sopra – di solito senza alimentazione e magari anche senza mouse.
- Si trova in una posizione bizzarra la tanto decantata figura del temporary export manager formato burocrazia italiana, ovvero il TEM.

UN PO’ DI STORIA E DI CONFRONTI CON OGGI
La Compagnia delle Indie Orientali
Ben poche imprese hanno realizzato profitti come quelli fatti dalla famosa Compagnia (inglese) delle Indie Orientali, che guarda caso arrivava sul posto subito dopo – e talvolta prima o durante – la pacificazione operata dalle truppe inglesi.
Ricordo che agli inizi la Compagnia delle Indie Orientali:
- Era ben distante da quello che divenne poi
- Si scontro’ – anche duramente – con le compagnie delle indie francesi ed olandesi.
Tralasciando i metodi usuali all’epoca, e’ indubbio che la Compagnia agi’ e prospero’ in:
- Una situazione di elevata instabilita’ geopolitica
- Un mondo il cui guerre piccole e grandi erano la norma.
Non bisogna dimenticare che la Compagnia non faceva solo import, ma pure molto export – anche locale. Anche se in maniera diversa, in fondo faceva quella che ora si chiama internazionalizzazione di impresa – si trattava anzi del suo core business.

Fare export in condizioni di instabilita’
In generale, le imprese hanno fatto business per millenni in condizioni di instabilita’. Tantissima parte di tale business era costituita dall’export.
Ricordo che spesso:
- Gli stati erano molto piccoli – vedi ad esempio la penisola italiana fino alla meta’ del 1800
- Vi erano dazi e controlli fra i possedimenti dei signori locali.
E’ per questo che quando sentivo – e sento) -di alcune presunte “terribili” conseguenze della Brexit mi viene da ridere. Le aziende hanno sempre esportato, in condizioni ben piu’ instabili e rischiose di quelle di una Gran Bretagna fuori dalla UE.
Che certe argomentazioni semplicemente assurde facciano ancora presa sull’opinione pubblica europea, la dice lunga sulla mentalita’ preponderante – ovvero quanto di piu’ lontano dal fare impresa si possa concepire.

Internazionalizzazione delle imprese allora ed oggi
Un tempo si ragionava cosi’:
Il Regno del Kataj e’ in rotta con l’impero del Katajo e sono quindi aumentate le tariffe doganali?
Vediamo di farle arrivare per altra via, oppure riduciamo i costi del noleggio – trasporto – oppure cambiamo mercato ritirandoci in modo ordinato.
Adesso, la gran parte delle imprese che esportano ragiona cosi’:
Ho scelto di internazionalizzare nell’area, con base di operazioni nella repubblica del Kataj, perche’ commercialmente la situazione e’ buona. Per i rischi – economici, perche’ la geopolitica non so se si mangia con la Nutella o meno – mi assicuro con la SACE od un equivalente.
Pero’ ieri sera ho sentito al telegiornale che ci sono di nuovo le tariffe doganali a causa di attriti tra il Kataj e la repubblica popolare del Katajo e sono preoccupato – rischio di perderci e se scoppia la guerra devo andare all’ospizio dei poveri. Se lo sapevo, andavo in un posto piu’ stabile.
Gia’, ma piu’ stabile dove?

L’INSTABILITATA’ DOMINA
L’Unione Europea
Perfino la UE rischia la dissoluzione o peggio, e non solo a causa dell’effetto domino della Brexit – vedi possibili complicazioni derivanti dal binomio immigrazione-terrorismo. Intendiamoci, non intendo assolutamente dire che l‘immigrazione significa terrorismo. E’ tuttavia evidente che generalmente i terroristi:
- Si nascondono tra le comunita’ immigrate
- Usano i flussi migratori per entrare nell’Unione Europea
E’ poi evidente che il fallimento del progetto di immigrazione europeo rischia di generare tensioni fortissime – soprattutto se i terroristi continueranno nella loro opera di propaganda presso le comunita’ immigrate.

USA
La situazione negli USA e’ tutt’altro che rosea:
- proteste di massa degli African American,
- Stragi di poliziotti bianchi
- Proteste violente ai comizi di Trump quando era candidato alla presidenza ed una campagna sempre contro Trump, ecc.
Le elezioni presidenziali americane e la procedura di impeachment non promettono niente di buono sul fronte della stabilita’.
Altri fattori di instabilita’ geopolitica
L’avanzata delle destre – populiste, nel gergo dell’intellighenzia europea – in Europa sembra preludere a cambiamenti. Tuttavia, prima dei cambiamenti vi sara’ incertezza e quindi instabilita’.
Il terrorismo stesso sta inducendo una paura diffusa in tutta Europa. Tale paura potrebbe trasformarsi in rabbia – e/o voti per i partiti euroscettici – se l’impressione popolare di un’incapacita’ dei governi e/o della UE di affrontare la minaccia dovesse rafforzarsi.
Veniamo poi al malcontento sempre maggiore per le sanzioni contro la Russia e per le perdite che – direttamente ed indirettamente – causano alle imprese .
Altro fattore di malcontento: l’uomo della strada si chiede sempre piu’ frequentemente (vedi i socials) perche’ vari paesi della UE vanno a:
- “Fare storie” con la Russia
- Inviare soldati in Polonia e nei paesi baltici, invece di agire in maniera piu’ incisiva contro l’Isis ed il terrorismo in generale.
Turchia, Medio Oriente, terrorismo
La situazione turca era gia’ complicata prima, ora e’ imprevedibile.
Il Medio Oriente, ampie aree asiatiche e quasi tutta l’Africa sono altamente instabili.
Per finire, il terrorismo:
- E‘ un pericolo costante – soprattutto per le aziende – ed una potenziale fonte di instabilita’ un po’ dovunque
- Causa una forte ansieta’ in Europa, dove spesso l’uomo della strada non crede alle versioni ufficiali – ovvero che gli attacchi sono opera di pazzi o simili.

LE IMPRESE DELL’EXPORT NON SI ADATTANO AI TEMPI
La scarsa attenzione delle aziende per fattori importanti
Tempo fa ho pubblicato un articolo che ha avuto eccellenti recensioni – perlomeno da parte dei ben pochi che lo hanno letto: Terrorismo ed Export – Chi e’ Preparato?
In poche parole, ben pochi erano interessati ai potenziali effetti del terrorismo su internazionalizzazione ed export, nonche’ ai rischi per le imprese ed a come affrontarli.
Ora, anche se l’avere pubblicato un simile articolo in tempi assolutamente non sospetti e’ fonte di soddisfazione per un export project manager come me, non posso non essere deluso dallo scarso interesse dimostrato dalla piu’ parte delle aziende. Deluso, perche’ questo dimostra che la maggior parte delle imprese – non solo PMI, insomma – si butta alla cieca nell’export.

Il mito della stabilita’ come sine qua non
Il problema, come gia’ visto, e’ molto semplice:
- Le imprese cercano la (presunta) stabilita’, perche’ tale stabilita’ dovrebbe dare loro la sicurezza di fare un buon business
- Invece, la verita’ e’ che viviamo in una nuova epoca – un’epoca di incertezza ed instabilita’.
Intendiamoci, l’epoca precedente e’ stata un’eccezione – peraltro parziale ancorche’ di lunga durata per l’Occidente e quindi per le imprese europee. In poche parole, pochissimi imprenditori di oggi hanno vissuto nell’instabilita’ e ben pochi hanno avuto modo di analizzare il passato da un punto di vista non dico geopolitico, ma perlomeno storico anziche’ esclusivamente economico.
Tale stato di cose non e’ nemmeno colpa degli imprenditori, bensi’ delle schiere di economisti – spesso gli stessi che hanno firmato, assieme all’intellighenzia ed alle élites, documenti chilometrici per cercare di convincere gli inglesi a non votare per la Brexit – che vedono l’economia come una disciplina totalmente svincolata, o quasi, dalla storia in generale e dalla geopolitica in particolare.
Ovviamente, per tali economisti la bestia nera e’ l’instabilita’, quella brutta cosa che rovina tutte le loro previsioni.

Il cattivo esempio dell’Unione Europea
Non ho tirato in ballo a caso l’intellighenzia e le élites: non essendo l’Unione Europea una democrazia, bensi’ – agli effetti pratici – un’oligarchia, sono proprio loro i “timonieri” principali dell’Unione Europea.
Ecco quindi il “terrore” della UE per l’instabilita’, la paura “inconsulta” per ogni evento che possa evocare lo spettro dell’instabilita’ – sia esso la Grexit, la Brexit o l’aumento di consensi per i populisti.
Fatto sta che la UE ha introdotto un sistema altamente burocratico ed “ingessato”, con le imprese che fanno a gara per ottenere i fondi europei – diciamocelo, questo non e’ fare impresa.
L’Italia ha visto l’introduzione dei gia’ citati temporary export manager formato burocrazia italiana, ovvero (spesso e volentieri) delle figure:
- Junior formate tramite corsi
- Che possono essere fornite solo – per chi vuole usufruire dei voucher per l’internazionalizzazione – dalle societa’ di consulenza incluse in un elenco del MISE.
Il risultato finale di tutto questo sistema di sovvenzioni e di una preparazione spesso pari a zero nel campo della geopolitica?
Imprese, specie le PMI, che non sono in grado nemmeno di contemplare operazioni di export od internazionalizzazione senza la mitica stabilita’.
Video: Serve un manager con reale esperienza estera per fare internazionalizzazione
LE COLPE DELLE SOCIETA’ DI CONSULENZA DI INTERNAZIONALIZZAZIONE
Il pensiero di un consulente di export
Dato che sono io stesso un consulente, suppongo di potere dire le cose come le vedo.
In poche parole, ma con tanta ironia:
- Per anni, le societa’ di consulenza hanno promosso, con il loro marketing, un’idea di export (e non solo) come l’estensione di un ufficio popolato di gente intavolata, sorridente e incravattata. In poche parole, Alice nel Paese delle Meraviglie, ma senza Alice
- Il Paese delle Meraviglie e’ la quintessenza della stabilita’ – il massimo dell’instabilita’ e’ costituito dal Cappellaio Matto
- Mentre operavo in luoghi instabili, senza aria condizionata e magari in maglietta e con 1.000 problemi da risolvere sul campo, vedevo le immagini di gente intavolata e incravattata e mi chiedevo: Ma davvero le imprese credono che questo sia fare export?
- Analisi geopolitiche e dei rischi? Gestione dei rischi, magari in loco? Al massimo, qualcuno faceva un’analisi – di solito dei soli rischi economici o poco piu’. Questo accadeva in particolare con le PMI
- Pare che ci sia un’incompatibilita’ ambientale tra le foto – che finivano sui siti e sui socials – che costituivano il nucleo del marketing di tante societa’ di consulenza, e le operazioni sul campo e con le analisi geopolitiche
- Ma lo sapete cosa significa dovere affrontare problemi sul campo in un paese africano, e nel mentre chi sta in un ufficio (di una multinazionale) con l’aria condizionata in Europa ragiona come se voi foste in Europa – e pretende che facciate cose praticamente impossibili?
Erasmus e temporary export manager
Il problema sta nel fatto che ancora oggi c’e’ chi e’ convinto che non sia necessaria esperienza pratica – sul campo, e non prendo certamente in considerazione un Erasmus – di vita e lavoro in paesi esteri per aiutare un’impresa a fare export e, soprattutto, internazionalizzazione.
I famosi temporary export manager – modello burocrazia italiana – sono un esempio lampante di cio’, ma per questo rimando a Il Temporary Export Manager al Tempo dei Cartoni Animati.

MA ALLORA, IO IMPRESA CHE DEVO FARE?
Come fare export?
Ma allora, chi puo’ aiutare l’azienda, specialmente se PMI, a capire come fare questo benedetto export?
Che le imprese siano convinte della necessita di internazionalizzare e’ evidente – ormai e’ ovvio a tutti che senza export si chiudono i battenti.
Il problema nasce quando si parla del come: li’ le cose si fanno alquanto nebulose. E non si fanno nebulose per caso: quando un’impresa e’ stata abituata per decenni – ovvero per tutta la sua storia ed esperienza – a ragionare in termini di stabilita’ geopolitica, bisogna cominciare col ricostruire i concetti base dell’azienda stessa – in poche parole demolire strati geologici di stabilita’ per imparare ad operare in un mondo sempre piu’ instabile.
E li’ le cose si fanno complicate: come convincere l’imprenditore a seguire una strada che quasi tutti i media “aborriscono” ed agitano come uno spettro – vedi Brexit?

Il consulente di internazionalizzazione
Per un consulente di internazionalizzazione come me, poi, le cose si fanno ancora piu’ complicate: e’ inutile girarci attorno, molte imprese hanno avuto a che fare con societa’ di consulenza – e non ne sono state propriamente soddisfatte.
Ce ne sarebbe da dire sull’argomento, ma penso che sia palese come troppi consulenti di internazionalizzazione – e forse anche societa’ – si sono “buttati” nel nuovo argomento trendy, ovvero l’internazionalizzazione. Purtroppo, questa e’ l’eterna maledizione dei consulenti: quando si palesa un argomento trendy, tutti ci si buttano.
Devo pero’ dire che godo di un vantaggio: non presentandomi mai in giacca e cravatta – le giacche giacciono ormai dimenticate in fondo all’armadio – gli imprenditori non mi prendono a cannonate gia’ sul cancello; non mettono nemmeno mano alla lupara.
Cosa significa impresa?
Tornando a cosa bisogna fare, c’e’ un’unica soluzione – narrare all’imprenditore la stessa storia che vi sto illustrando:
- Qual’e’ il significato della parola impresa
- I risultati ottenuti dalle aziende del passato (instabile)
- Che stabilita’ spesso significa stagnazione.
Inoltre, il professionista dovrebbe mostrare che:
- L’instabilita’ (se ben gestita) puo’ essere una grande occasione di export
- Le élites e l‘intellighenzia europee “prosperano” in un ecosistema stabile – e nella stagnazione, oserei dire. Quindi creano spesso “mostri” inesistenti perche’ loro stessi credono all’esistenza di quei “mostri”.
In poche parole, preferite sperare di ottenere dei fondi europei e tirare a campare per qualche mese in piu’ (ammesso che la UE non si sfaldi o peggio) o fare gli imprenditori ed andare ben preparati alla conquista – si’, proprio conquista – dei mercati esteri?

FAQ
Domanda 1
Come vede la figura del temporary export manager come inteso in Italia (TEM) nel quadro di un mondo sempre piu’ instabile?
Risposta
E’ inutile girarci attorno: la vedo molto male, perche’ si tratta di una figura che non e’ assolutamente concepita per situazioni di instabilita’ – ed a dire il vero nemmeno per una internazionalizzazione adeguata, secondo me. Mi sembra che si tratti di un’idea di derivazione piu’ burocratica che pratica. Ho approfondito la cosa in un articolo: Temporary Export Manager nell’Era dell’Instabilita’.

Domanda 2
Prevede che sara’ ancora possibile continuare ad esportare nelle attuali condizioni di elevata instabilita’, con trend in crescita esponenziale?
Risposta
L’export e’ generalmente sempre possibile – ovviamente dipende anche da cosa si esporta. E’ ovvio che esportare beni di lusso in un paese sconvolto dalla guerra civile e’ assurdo; d’altronde l’export di beni primari potrebbe essere positivo – a patto che la situazione lo consenta, ovviamente. A volte, e’ possibile esportare cose che nessuno penserebbe (ad esempio libri di testo per le scuole) in un paese in piena guerra civile; con l’avvertenza di consegnare la merce in un porto sicuro, e magari farsela pagare gia’ alla dogana del paese di partenza.
Per dare una risposta piu’ generale, per l’impresa che vuole internazionalizzare si tratta di adottare una mentalita’ adeguata – e le misure opportune. E’ proprio qui che dovrebbe entrare il valore aggiunto della societa’ di consulenza, ma tutto dipende da quali consulenti lavorano per la societa’ in questione – obiettivamente, dubito fortemente che un giovane temporary project manager con poca/nulla esperienza del mondo possa gestire situazioni dove l’instabilita’ e’ ormai la norma.
ottobre 31, 2016 alle 12:19
Salve Dave,
Sicuramente nel tuo articolo, come negli altri, c’è parecchio “cibo per la mente”.
Sollevi molti aspetti interessanti e avvincenti, uno fra tutti quello dell’instabilità come caratteristica ambientale normale in cui le aziende devono muoversi e in cui, tra l’altro, si si svolge gran parte della vita umana.
Ma noi siamo generazioni di piagnucoloni che invece di vedere nell’instabilità e nel cambiamento un elemento propulsore di crescita e di miglioramento, lo temiamo solamente. Siamo stati “allevati” con l’idea di costruire il fantastico mondo in cui tutto va bene, cioè il mondo che non esiste!
L’esempio che fai dei famosi incentivi all’export è eloquente. Neanche ci domandiamo: “questi incentivi da dove vengono? Sono i soldi di tasse pagati da tutti che poi gli oligarchi, a loro insindacabile giudizio, decidono di ridistribuire come fosse “l’elargizione del sultano?”
Forse è proprio vero che viviamo nell’era del pensiero debole e che, noi, siamo deboli.
Un’ultima cosa sulla necessità di aver lavorato, e continuare a lavorare sul campo. Spesso la direzione delle aziende viene decisa da soggetti che non ha mai mangiato un granello di polvere. Infatti poi i risultati si vedono e l’export (e non solo) non decolla.
Io propongo di non farci intimorire dal cambiamento e dall’instabilità. Dobbiamo piuttosto sviluppare sempre di più la capacità di pensare in modo strategico. Un piano strategico degno di questo nome prevede in se vari piani volti alla gestione dell’imponderabile, dell’imprevisto, dell’emergenza e dell’instabilità continua.
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