Export ed Internazionalizzazione – La UE ha Altro per la Testa
Perche’ la UE investe tanto in corridoi interni – od assi – ma non investe come la Cina in infrastrutture all’estero per favorire l’export e l’internazionalizzazione?

INFRASTRUTTURE ALL’ESTERO? LA UE PENSA AI CORRIDOI – OD ASSI
Quando si parla di export ed internazionalizzazione UE, pochi pensano alle infrastrutture all’estero. Invece, sarebbe il caso di prendere esempio dalla Cina.
La Cina e le infrastrutture all’estero
Di solito nessuno ci fa caso, ma e’ evidente che:
- La Cina sta investendo capitali enormi in infrastrutture all’estero, al fine di favorire l’export dei suoi prodotti e l’internazionalizzazione delle sue imprese. A tale proposito, vedi l’articolo sulla Nuova Via della Seta e sulla Via della Seta Marittima – La Nuova Via della Seta – La Fine dell’Export UE.
- La UE sta investendo pesantemente nei cosiddetti corridoi, od assi. Tuttavia, diversamente dal caso cinese, tali infrastrutture hanno piu’ fini “interni” che “esterni”. In poche parole, sono ben lontani dal concetto cinese di penetrazione commerciale – concetto che comprende ben piu’ di semplici vie di comunicazione.

La UE e l’immigrazione
Del resto, la politica – e le spese abnormi – UE a favore dell’immigrazione, non sono esattamente l’ideale per progetti a tutto tondo di export ed internazionalizzazione. Per non parlare della precedenza spesso data a fattori certamente non commerciali.
Ne’ aiuta una politica estera chiaramente a rimorchio di quella delle amministrazioni USA, con conseguenti rapporti in costante peggioramento con la Russia. L’export delle imprese EU verso la Russia e l’Asia Centrale ne risente molto; la situazione non e’ destinata a migliorare.

CORRIDOI E DINTORNI
Una mappa degli assi UE
Per una mappa di quanto previsto in merito a livello UE – nonche’ per i nomi dei trenta progetti individuati come prioritari – rimando ad un documento ufficiale: Trans-European Trasport network (TEN-T) – Priority axes and projects.
La mappa parla chiaro: lo scopo e’ favorire la circolazione all’interno della UE. Non vi e’ alcuna previsione di investimenti che tendano a penetrare mercati lontani.
Del resto, un intervento di Paolo Costa (vedi nota alla fine dell’articolo) al convegno Il futuro della rete infrastrutturale europea nel Veneto e’ molto chiaro:
‘… L’obiettivo fondamentale e’ quindi quello di creare una unica rete europea di trasporto ferroviario in grado di creare le condizioni politiche e pratiche per abbattere ogni sorta di barriera, da quelle fisiche, a quelle amministrative …’
‘… Bisogna costruire dei mercati che abbiano dimensione europea, e quindi consentire di abbattere le protezioni che ancora esistono nei singoli mercati nazionali …’
‘… la connessione fisica delle reti e’ quella che permette e/o agevola qualsiasi altra forma di interazione e di integrazione di vario tipo …’

L’integrazione viene prima di export ed internazionalizzazione UE
Risulta quindi evidente che lo scopo e’ piu’ politico che economico: favorire l’integrazione europea – il mantra dell’intellighenzia europea.
Una volta che sia stata compresa la ratio degli investimenti in infrastrutture di comunicazione nell’Unione Europea, non vi possono essere piu’ dubbi:
- La UE e’ volta all’interno, al rafforzamento – politico prima che economico – dell’organizzazione stessa
- L’export e l’internazionalizzazione delle imprese non sono mai stati un obiettivo primario.
Cio’ detto, e posto che il rafforzamento della rete infrastrutturale interna dell’Unione Europea e’ comunque un qualcosa di positivo, la domanda e’: perche’ la UE non ha investito (ed investe) anche in reti in paesi esterni – come fa la Cina?
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo parlare di immigrazione.

IL MACIGNO – L’IMMIGRAZIONE
L’immigrazione in Europa
Al di la’ delle singole opinioni che chiunque puo’ avere, e’ evidente che i costi dell’immigrazione – sia diretti che indiretti – sono abnormi.
Giusto per usare l’Italia come esempio, pare che nel solo 2013 – ovvero prima delle recenti ondate di profughi – l’immigrazione sia costata al paese almeno 50 miliardi di euro.
Visto che ho gia’ trattato l’argomento in Immigrazione – Conseguenze Strategiche ed Aspetti di Gestione, non mi soffermo su:
- L’evidente pessima gestione del fenomeno immigrazione da parte della UE e dei singoli stati membri
- Il fallimento del progetto immigrazione ed altri aspetti del fenomeno.
Vorrei qui sottolineare come:
- Si tratti di immigrazione certamente non qualificata
- Christopher Caldwell, nel suo classico Reflections on the Revolution In Europe: Immigration, Islam and the West, abbia ampiamente dimostrato come i presunti vantaggi derivanti dall’immigrazione non esistano o siano estremamente ridotti.

Il costo dell’immigrazione
Resta il fatto che il costo – per parlare solo dell’aspetto economico – dell’immigrazione in Unione Europea e’ dell’ordine di parecchi miliardi di euro: purtroppo non si tratta di un investimento, ma appunto di un costo.
L’ammontare abnorme di denaro speso per l’immigrazione implica – giusto per fare un esempio – che parecchi miliardi non possono essere investiti per una rete infrastrutturale all’estero. Tale rete potrebbe favorire l’export e l’internazionalizzazione al di fuori dell’Unione Europea.

Le conseguenze politiche ed economiche dell’immigrazione
Ma c’e’ di piu’: l’immigrazione sta provocando evidenti contraccolpi politici all’interno della UE.
Si va:
- Dalla Brexit – immigrazione come prima causa della vittoria del leave
- All’affermarsi delle cosiddette forze populiste un po’ in tutta Europa
- Alle tensioni interne all’unione.
Non si parla solo del fattore immigrazione che potrebbe portare alla disintegrazione della UE. Tale fattore induce l’Unione Europea a concentrarsi su un problema – ed i molteplici problemi che ne conseguono – prettamente interno.
In poche parole, la UE e’ troppo occupata a gestire i problemi politici interni – che nel caso immigrazione essa stessa ha creato – per prestare seriamente attenzione alle opportunita’ di export ed internazionalizzazione.
Inoltre, come gia’ detto l’immigrazione la priva degli investimenti necessari per una sana politica di tipo cinese – ovvero creare infrastrutture all’estero.

LA PALLA AL PIEDE CHIAMATA DIRITTI UMANI (FORMATO UE)
Penso che tutti siano attenti ai diritti umani: nel mondo contemporaneo, essi sono giustamente considerati di estrema importanza.
Lo strano caso dell’Unione Europea
Nel caso della UE, pero’, i diritti umani – o meglio quelli cosi’ classificati e/o catalogati dall’Unione Europea – hanno assunto alcune caratteristiche bizzarre e spesso inedite:
- Praticamente ogni relazione economica e/o politica passa attraverso la “gogna” dei diritti umani modello UE
- Sembrerebbe quasi che i diritti umani siano un serio problema con alcuni paesi, ma al massimo degni di “esortazioni” con altri. Vedi Russia vs. Ucraina, Iran vs. Arabia Saudita, Siria vs. Yemen, Egitto vs. Turchia, ecc.
- C’e’ una saldatura tra l’immigrazione formato EU e gli investimenti esteri europei. In poche parole, si investe in paesi come conseguenza dell’immigrazione – non in base alla convenienza. Penso che questo sia il motivo della “fissazione” africana dell’Italia; per altre considerazioni in merito ad export ed Italia, consiglio la lettura dell’articolo Export del Made in Italy e Immigrazione.

Il confronto con la Cina:
- Mentre la Cina investe in paesi stranieri, la UE ed i paesi membri spendono (per lo piu’) per operazioni umanitarie ed infrastrutture a fondo perduto. A patto che il paese in questione sia tra i “buoni”, ovviamente
- La UE ed i paesi membri pongono praticamente sempre vincoli – legati ai diritti umani modello UE – su investimenti ed altro. La Cina invece no – i cinesi considerano l’aspetto business e cosi’ penetrano praticamente qualunque mercato
Fatto sta che, cosi’ facendo, la UE si aliena mercato dopo mercato. Invece i cinesi (o i vietnamiti, gli indiani, ecc.) aprono quei mercati al loro export ed alle loro imprese.
Video: Export extra UE ed Internazionalizzazione
LOCOMOTIVA USA, VAGONE EUROPEO
Penso che mai come in questo momento sia evidente che, come ho evidenziato in 5 Semplici Domande sull’Export per Capire la Politica Estera della UE, la UE stia andando “a rimorchio” – nello specifico delle amministrazioni USA.
In poche parole, non vedo quasi nessuna differenza tra la politica estera degli Stati Uniti e quella dell’Unione Europea.

Alcune conseguenze della politica estera europea:
- L’appoggio aperto al cambio di governo in Ucraina, con conseguenze che dureranno generazioni. La UE avrebbe potuto agire come terza parte ed evitare le conseguenze che tutti conosciamo – e che potrebbero portare ad una guerra perfino in Europa. Invece ha scelto di seguire la locomotiva USA
- Ovviamente, gli interessi economici americani non coincidono in pieno con quelli europei: giustamente, gli USA – un paese dove esiste l’interesse nazionale – fanno innanzitutto gli interessi americani. Per essere diretto: se le imprese europee perdono miliardi di export verso la Russia a causa di sanzioni dettate dalla politica, questo non interessa piu’ di tanto gli Stati Uniti . Anche se dovrebbe interessare la UE, questo non accade.

Conseguenze in paesi extra UE:
- L’esempio di Egitto – con l’assurdo appoggio alla deposizione di Mubarak – e Siria fa capire come fare il vagone (per quanto blasonato) porti a conseguenze negative. Parlo sia dell’assetto geopolitico che di l’export e l’internazionalizzazione. Questo accade in intere aree geografiche
- Vogliamo parlare di Asia Centrale? La UE aveva grandi opportunita’, ma l’inimicizia crescente con la Russia non favorisce certamente l’export e l’internazionalizzazione europei. Dei mancati investimenti stile cinese ho gia’ parlato.
Una chiosa: gli Stati Uniti non fanno che perseguire il loro interesse nazionale – o cio’ che l’amministrazione USA giudica tale. E’ la UE che non persegue l’interesse “nazionale” europeo.

UE, RUSSIA E LE OCCASIONI PERDUTE
La UE ha spinto la Russia tra le braccia della Cina
Di quanto assurda sia la politica UE vero la Russia ho scritto spesso, anche in questo stesso articolo. Oltre a ricordare che la UE sta usando l’economia come continuazione della politica con altri mezzi, consiglio a chi vuole approfondire la lettura di La Strategia Politico-Economica Russa della UE.
Mi preme qui sottolineare quanto naturali sarebbero dei buoni rapporti tra UE e Russia. Prima della “follia” ucraina, le imprese europee facevano affari d’oro con la Russia – soprattutto, il volume di export era in continua ascesa. La Russia garantiva il flusso di grandi quantita’ di gas – ed eventualmente petrolio – verso la UE. Ora la situazione potrebbe cambiare nel giro di poche ore.
L’atteggiamento UE (ed USA) ha spinto la Russia tra le braccia cinesi – anche se la Cina e’ un potenziale nemico naturale della Russia. E cosi’, mentre tonnellate di merci cinesi prendevano la via della Russia, enormi quantita’ di risorse energetiche prendevano la via della Cina.

Le conseguenze su export ed internazionalizzazione UE
Giusto per chiarirci: mentre l’export di macchine utensili italiane in Russia subiva un crollo del 66.3%, la Cina incrementava il suo export di macchine utensili del 90.4%. E non finisce qui, vedi Il Crollo dell’ Export Italiano verso la Russia, Meccanica per Prima – Perche’?
Una politica di buon vicinato con la Russia avrebbe:
- Evitato cose come la crisi ucraina
- Reso gli USA piu’ prudenti nelle loro relazioni con la Russia – con guadagni politici e commerciali per tutti
- Reso piu’ difficoltosa la penetrazione cinese in tutto il mondo, ma soprattutto lungo l’asse Asia Centrale / Europa. Con gran giovamento non solo per l’export delle imprese europee, ma anche per la concorrenza che le aziende dell’unione devono affrontare sul mercato interno.

L’alternativa mai considerata
E se ad una simile politica, volta all’export ed all’internazionalizzazione invece che all’immigrazione, la UE avesse accostato una politica un po’ piu’ mercantilistica ed un po’ meno legata a filo doppio ai diritti umani (UE style)?
La UE avrebbe forse potuto non essere tanto lontana dagli Emirati Arabi per quanto riguarda lo stile di vita. Invece, ora la UE dipende pesantemente dai paesi arabi per la sua stessa sopravvivenza energetica.

Nota
La rete transeuropea di trasporto TEN-T: opportunita’, ritardi ed alternative per il Nord-est e il Veneto, in Il futuro della rete infrastrutturale europea nel Veneto – a cura di Pasqualino Boschetto, Cleup ed Ordine degli Ingegneri della Provincia di Padova.