Le Rotte Marittime di Export ed Internazionalizzazione – Parte 1: Queste Sconosciute
Le rotte marittime di export ed internazionalizzazione, nonche’ i porti per l’esportazione, sono fondamentali. Eppure, praticamente nessuna societa’ di consulenza le prende in considerazione.
In questa prima parte dell’articolo si analizzano i fattori piu’ geografici – anche attraverso un case study sull’export in Cina a partire dal Mar Mediterraneo – nel secondo quelli piu’ direttamente legati all’azione geopolitica umana.
Video che mostra le rotte ed il traffico marittimo mondiale: Global ship traffic seen from space – FleetMon Satellite AIS and FleetMon Explorer
LE ROTTE MARITTIME ED I MERCATI DI EXPORT E INTERNAZIONALIZZAZIONE
Tutti hanno giocato a fare i pirati almeno una volta nella vita, molti sognano una crociera, ma nessuno si pone mai il problema delle rotte marittime. Nemmeno le aziende che vogliono esportare nei mitici mercati target, e men che meno la gran maggioranza delle societa’ di consulenza per l’internazionalizzazione.
I porti? Tutti hanno sognato di fare il pirata a Tortuga, pochi si sono chiesti cos’era Tortuga, pochissimi hanno mai pensato che forse era un porto in posizione strategica.
Per essere brutali: che mi importa se lo stato di Topolinia e’ un mercato propizio, quando per arrivarci ci sono rischi e costi enormi, inclusi 15.000 miglia via nave e la rotta che passa attraverso un canale (a pagamento) in zona di guerriglia, tre stretti di cui uno controllato da uno stato instabile ed un altro infestato dai pirati – per la felicita’ dei premi assicurativi – un mare conteso da due super-potenze dove non si sa mai che aria tiri? Ah, dimenticavo: il porto di Topolinia e’ nel raggio d’azione degli Scud di quel cattivone inaffidabile di Gambadilegno – Macchia Nera ne ha raddoppiato il raggio d’azione e glieli ha venduti, sperando che scoppi un bel casino.
In questa prima parte dell’articolo mi concentro sugli aspetti geopolitici piu’ legati alla geografia, nella seconda a quelli piu’ legati all’azione geopolitica umana.

UNA PRIMA RISPOSTA ALLE DOMANDE DELL’IMPRENDITORE SAGGIO
Volete una risposta?
Ecco qua: fatto il conto di tutto cio’ che spesso i consulenti di internazionalizzazione dimenticano – personalmente dubito fortemente sappiano fare questi conti – cioe’ i tempi, i rischi ed i costi lievitano, lievitano ed ancora lievitano.
Magari Paperopoli appariva un mercato target con meno opportunita’ – la parola trendy magica del momento quando si parla di export – ma si trova a sole 500 miglia di distanza. Inoltre non ci sono canali a pagamento, non ci sono stretti pericolosi, i pirati del Golfo dei Paperi sono stati sgominati da Zio Paperone 45 anni fa. Eh, Zio Paperone, gli affari, sa come gestirli.

LE ROTTE MARITTIME ED I CONSULENTI DI INTERNAZIONALIZZAZIONE
Al di la’ del fatto che non prendere in considerazione le rotte marittime – e spesso anche la logistica tutta – pare una “mania” di legioni di imprenditori e di coorti di consulenti di internazionalizzazione, il non fare certe considerazioni significa sbagliare tutte le analisi e quindi il business case.
Pensate anche alla Country Risk Map della Sace che tanti considerano la “bibbia” dell’internazionalizzazione quando si parla di rischi: al di la’ di altre considerazioni – vedi ad esempio Rischi di Internazionalizzazione nella Penisola Arabica – i colori riguardano i paesi, non i mari, gli stretti, le rotte, ecc.
Gli e’ che parlare di rotte marittime, di porti e di mari significa andare oltre la geografia elementare e fare analisi geopolitiche, e la geopolitica – questa sconosciuta – e’ la “bestia nera” della stragrande maggioranza delle societa’ di consulenza per l’internazionalizzazione. Quest’ultime vi declineranno nome, cognome e soprannome delle opportunita’ e degli aspetti legali e/o economici. Ma provate un po’ a chiedere loro anche solo cosa e’ la geopolitica o a cosa serve.

LE ROTTE MARITTIME E LA GEOPOLITICA
Tornando a noi, chi fa analisi geopolitiche come il sottoscritto sa bene che senza prendere in considerazione i porti, le rotte marittime, i mari e tutto quello che li riguarda, si fanno delle analisi geopolitiche Giovani Marmotte style. Figuriamoci quando si parla di analisi geopolitiche finalizzate all’export!
Molte generazioni di “operatori” geopolitici si sono formati sul libro di Mahan – The Influence of Sea Power upon History – un libro che ha avuto un’influenza enorme sui decisori del XIX e del XX secolo. Penso che il titolo del libro dica gia’ tutto.
Ma veniamo alla storia recente: vi ricordate di quando l’Irak di Saddam Hussein – allora in guerra con l’Iran degli Ayahtollah – ha iniziato ad attaccare le petroliere che transitavano nel Golfo Persico, colpendo perfino una fregata americana con un missile anti-nave Exocet? Vi ricordate dell’incremento incredibile del costo delle assicurazioni navali per i bastimenti che entravano nel Golfo Persico?
Insomma, non si puo’ esportare ed internazionalizzare senza fare analisi geopolitiche – checche’ ne dicano coloro che non le sanno fare. Ed un’analisi geopolitica non puo’ non tenere conto degli aspetti marittimi.
Ma passiamo al nocciolo di questo articolo. Per partire piano, cominciamo con un case study.

CASE STUDY – ESPORTARE IN CINA: CONSIDERAZIONI GENERALI
Per amore di brevita’, analizzo qui solo alcuni aspetti marittimi connessi all’export in Cina – chi vuole approfondire altri aspetti geopolitici ed economici della Cina come mercato, puo’ leggere il mio articolo Perche’ sono stati Ignorati i dati di Export ed Import? – Le Conseguenze della Crisi Cinese.
Cominciamo dalla Nuova Via della Seta e dalla Nuova Via della Seta Marittima: l’esistenza della prima – al di la’ di altre considerazioni, relative anche all’Asia Centrale – dimostra che la Cina sta cercando di diversificare le sue vie dell’export; in questo caso, crea un’alternativa terrestre alle rotte marittime.

Vediamola dal punto di vista europeo. Supponiamo di esportare da Genova, ovvero il principale porto che serve il Ticino ed il Nord-Italia, o Marsiglia: l’export verso la Cina si fa principalmente via mare. Salvo soste in porti intermedi, il tipico carico attraversera’ il Mediterraneo; passera’ – pagando – attraverso il canale di Suez; passera’ lungo la costa del Sudan e dell’Eritrea; entrera’ nell’Oceano Indiano passando vicino ad Aden (Yemen) e non lontano dalla Somalia; transitera’ a sud dell’India; passera’ lo stretto di Malacca; entrera’ nel Mar Cinese Meridionale; magari passera’ non lontano da Taiwan e/o non lontano dal Giappone e dalle Coree – a seconda di dove e’ diretto.
Al di la’ della dogana cinese che “picchia duro”, la distanza e’ grande e le navi, portacontainer o meno, consumano carburante. Il vostro consulente di internazionalizzazione od il vostro temporary export manager ve lo ha detto che gli armatori non lavorano gratis? E che un eventuale aumento del costo del petrolio – di solito a causa di eventi geopolitici, guarda un po’ – e/o delle assicurazioni ricadra’ su di voi?

CASE STUDY – ESPORTARE IN CINA: DAL MEDITERRANEO ALL’OCEANO INDIANO
Continuiamo lungo la nostra rotta per la Cina:
- Mediterraneo significa il rischio di dovere soccorrere – magari su ordine di qualche capitaneria – un gommone di profughi. Nella migliore delle ipotesi, una deviazione potrebbe essere necessaria; nella peggiore, la nave potrebbe trovarsi nell’impossibilita’ di essere accettata nel porto piu’ vicino. E cosi’ cominciano i ritardi
- Canale di Suez: al di la’ del costo, non e’ che l’Egitto sia poi cosi’ stabile; e poi ricordatevi di quando Nasser l’ha fatto bloccare nel 1956 affondandoci delle navi. L’assicurazione potrebbe salire, oppure la nave essere costretta ad abortire il viaggio od a circumnavigare l’Africa ed a fare rifornimento a Citta’ del Capo – se permettete, non e’ che la veda molto rosea per la stabilita’ del Sudafrica
- Mar Rosso e Somalia: specie in quest’ultima, i pirati si sprecano

- Yemen: penso che sia inutile ricordare la situazione di quel povero paese – salvo ricordare che, magari “per dispetto” il prossimo missile non sara’ lanciato contro una nave da guerra USA nel Golfo Persico, ma contro un cargo nel Mar Rosso
- Oceano Indiano: eventuale terreno di caccia dei sommergibili iraniani – che bandiera batte il vostro cargo, ve lo siete mai chiesto? – che potrebbero decidere di rovinare la festa al traffico marittimo in caso l’Iran si trovasse preso male. In fondo, al culmine della crisi siriana un sommergibile iraniano e’ perfino entrato nel Mar Mediterraneo. Inoltre, l’oceano Indiano e’ frequentato dalla marina indiana – anche visti gli eventi recenti, non e’ che una forte tensione od addirittura scontri tar india e Cina siano da trascurare, eh! Non sarebbe certamente la prima volta che India e Cina “si menano”. Senza trascurare la vicinanza crescente tra Cina e Pakistan e l’inimicizia – che confina con l’odio aperto – tra quest’ultimo e l’India.

CASE STUDY – ESPORTARE IN CINA: LE ROTTE DALLO STRETTO DI MALACCA ED ATTRAVERSO IL MAR CINESE MERIDIONALE
Continuiamo la nostra navigazione:
- Stretto di Malacca e dintorni: se l’Indonesia sembrerebbe al momento stabile, i pirati si sprecano
- Mar Cinese Meridionale: strategico per la Cina – per le stese identiche ragioni per cui lo e’ per il vostro export – e’ fonte di tensioni anche molto forti, per inciso tra la Cina e gli Stati Uniti. Ah, nell’Oceano Indiano c’e’ la base USA di Diego Garcia, per cui se le cose tra Cina ed USA vanno male si sa mai che qualche embargo capiti fra capo e collo. Per ulteriori considerazioni geopolitiche approfondite sull’area, vedi Conseguenze per l’Export del Declino USA nel Pacifico Sud-Occidentale
- Taiwan e Giappone: in caso di tensioni con la Cina – un tempo molto forti tra il primo e la Cina, ora sempre piu’ marcate tra il secondo e la Cina – aspettatevi come minimo un aumento dei premi assicurativi
- Coree: beh, penso che quello che sta accadendo renda l’idea di cosa potrebbe capitare da quelle parti.

EXPORT – AVETE FATTO I CONTI CON LE ROTTE MARITTIME ED I PORTI?
Ora che ho terminato con la galleria degli orrori, vi tiro su il morale: se fate i vostri conti – tempi, rischi, costi, ecc. – tenendo conto anche della geopolitica, delle rotte marittime e della logistica, dovreste evitare di ritrovarvi in mutande di tela. O meglio, non ci resterete a causa della mancata analisi dei fattori geopolitici marittimi – restano quelli non marittimi, ma penso di avere reso l’idea.
Ma voi, tutti questo conti, li avete fatti? O perlomeno li hanno fatti il vostro consulente internazionale, il vostro temporary export manager – un’occasionissima, vi e’ venuto solo con un sovrapprezzo sul contributo vincolato dei voucher – o la vostra societa’ di consulenza per l’internazionalizzazione?
Insomma, se avete fatto i compiti per casa e vi siete ricordate di quando giocavate a fare i pirati, od anche solo dei Topolini – ed il mitico Sandopaper – che leggevate, sapete cosa comporta fare seriamente export in Cina. E dai, magari ci fate pure un profitto mica male!

INTERMEZZO – ACCENNO AD ALTRI CASE STUDIES
Se siete ancora con me, vorrei indirizzarvi a dei case studies gia’ esistenti, cosicche’ possiate continuare a leggere questo articolo con maggior profitto:
- Per la Russia in generale ed il Mar Nero in particolare, Il Mar nero e le Rotte dell’Export, articolo che vi condurra’ fino al Mare Glaciale Artico, all’Asia Centrale, e soprattutto all’Iran ed all’ Oceano Indiano
- Sull’importanza fondamentale delle rotte marittime per il petrolio arabo ed il futuro europeo, L’Influenza del Petrolio Arabo sull’Immigrazione in Europa e la Russia
- Sempre per la Russia, ma con accento sull’Oceano Pacifico, La Guerra dei Mari – Russia ed Export.
Anche non ho scritto gli articoli precedenti sottto forma di case studies, tali sono per i nostri scopi in questo articolo: analizzare i principali aspetti marittimi che influenzano export ed internazionalizzazione – parliamo di specifici canali, stretti, fattori esterni (ad esempio marine potenzialmente ostili), ecc.

ALCUNE “STROZZATURE” MARITTIME – I RISCHI CONNESSI ED I MERCATI COLPITI
Visto che nei case studies precedenti ho gia’ trattato varie “strozzature” – si parla ad esempio del canale di Suez, dello stretto di Malacca e del Bosforo – vorrei ora prendere in considerazione anche altri punti critici.
Se alla nuova rotta Settentrionale, ovvero quella tra il Polo Nord e la Russia – giusto per capirci – dedichero’ un articolo specifico viste le enormi implicazioni geopolitiche nonche’ per l’export, posso qui anticipare che tale rotta dovra per forza di cose passare tra le isole Aleutine (USA) e la Siberia (Russia); lo stretto di Bering e’ facilmente bloccabile, soprattutto dagli USA.
In questo paragrafo ed in quello successivo, una breve carrellata di rischi e mercati principali – visti dal porto di Genova.

Vista l’importanza, torno sullo stretto di Malacca: uno dei tratti di mare piu’ trafficati al mondo, e’ vitale per la Cina perche’ costituisce il collegamento con il Golfo Persico, l’Africa e l’Europa. La Cina si e’ anche assicurata che non vi siano nemici potenziali nell’intera area – Mar Cinese Meridionale incluso – soprattutto intorno allo stretto di Malacca. A parte gli Stati Uniti, ovviamente, che pero’ cominciano a trovarsi a corto di basi sicure – l’unica fattibile e’ il Giappone. Tolta Singapore, che pare stabile, resta l’incognita della stabilita’ dell’Indonesia – un paese con molti problemi ed estremamente popoloso, musulmano, con una fortissima componente musulmana radicale.
Problemi allo stretto di Malacca implicherebbero conseguenze sull’export, ad esempio, verso: Vietnam, Cina, Taiwan, Filippine, Giappone, Corea del Sud, Malesia, Siberia Orientale – ma qui entra in gioco la Rotta Settentrionale.

ALTRI STRETTI E CANALI – I RISCHI CONNESSI ED I MERCATI COLPITI
Finiamo la nostra carrellata:
- Gibilterra: al momento non presenta problemi, ma non dimentichiamo che dall’altra parte c’e’ il Marocco. Se il Marocco di oggi e’ uno dei paesi musulmani piu’ stabili e piu’ amichevoli verso l’Occidente, e’ anche vero che ha la sua buona dose di estremisti e terroristi – nonche’ che la rivoluzione iraniana non dovrebbe mai essere dimenticata. Il rischio di problemi seri – fatti salvi attacchi diretti alla navigazione da parte di terroristi, ovviamente – allo stretto di Gibilterra e’ al momento molto piccolo, ma in caso di sommovimenti in Marocco la situazione potrebbe cambiare. Problemi allo stretto di Gibilterra implicherebbero conseguenze sull’export, ad esempio, verso: USA ed Americhe in generale, Africa Occidentale, Nord-Europa e Russia
- Canale di Panama: non sono prevedibili rischi particolari al di la’ dell’aumento delle tariffe, anche perche’ gli USA interverrebbero immediatamente. Problemi allo stretto di Panama implicherebbero conseguenze sull’export, ad esempio, verso: la costa ovest degli Stati uniti e del Canada, i porti sulla costa ovest del Sudamerica

- Stretto di Hormuz: non solo vi passano – in uscita – petrolio e gas, e’ anche la via d’accesso a tutti i paesi del Golfo – Arabia Saudita compresa, visto che ben poco e scomodo ha sul Mar Rosso. Sorpresa: il mitico Dubai che viene proposto in tutte le salse da varie societa’ di consulenza dipende dalla situazione in uno stretto ad elevato rischio gia’ ora. Perfino l’Iran ha un solo porto degno di nome direttamente sull’Oceano Indiano – ma di questo ho parlato nel gia’ citato Il Mar Nero e le Rotte dell’Export. Penso che sia superfluo approfondire qui tutti i rischi che riguardano il Golfo Persico ed in particolare lo stretto di Hormuz – molti potranno avere dimenticato le famose batterie iraniane di missili anti-nave cinesi, io no
- Stretto di Tsushima: si trova vicino alla corea del Nord, penso che questo basti. Fra l’altro, consente l’accesso al Giappone Occidentale ed a Vladivostok; e’ anche vero che in caso di problemi non e’ difficile trovare un’alternativa piu’ ad est.

Per i fattori meno “geografici”, e piu’ direttamente legati all’azione geopolitica umana, vi do appuntamento alla seconda parte di questo articolo: Le Rotte Marittime di Export ed Internazionalizzazione – Parte 2: Rischi e Geopolitica.