Le Rotte Marittime di Export ed Internazionalizzazione – Parte 2: Rischi e Geopolitica
Le rotte marittime di export ed internazionalizzazione non vengono considerate dal tipico consulente di internazionalizzazione. Eppure, le rotte, i porti, il traffico marittimo e la geopolitica influiscono in maniera determinante sui rischi di export. In questa seconda parte di un lungo articolo, si analizzano i fattori piu’ direttamente legati all’azione “umana” e si spiega come fare a scegliere il mercato target e ad esportare senza andare alla ventura.
Video – Global Shipping Map and Data Video
ROTTE MARITTIME DI EXPORT ED INTERNAZIONALIZZAZIONE, GEOPOLITICA E RISCHI DI EXPORT
In questa seconda parte dell’articolo, affronto gli aspetti meno “geografici” delle rotte marittime di export ed internazionalizzazione. Quelli di cui praticamente nessun consulente di internazionalizzazione parla mai.
In poche parole, vi parlo di geopolitica e rischi di export.
I rischi geopolitici possono creare seri problemi alle rotte marittime, e quindi contraccolpi sull’export. Vale a dire: se non ci pensate prima, a tali problemi potenziali, “pagate” dopo le conseguenze. Si’, di un’internazionalizzazione fatta senza prendere in considerazione la geopolitica e le rotte marittime.
Incredibilmente, non ho mai sentito nessun altro consulente di internazionalizzazione parlare dei rischi geopolitici legati al traffico marittimo ed ai porti. Eppure sono a pieno titolo rischi di export.

IL CONTRASTO AL TRAFFICO MARITTIMO E’ UN CLASSICO
Immaginate il caso estremo, peraltro accaduto realmente: la Germania e’ in guerra con l’Inghilterra, per cui la marina inglese ferma a piacimento le navi da trasporto e controlla il manifesto di carico. Se vi e’ un prodotto tedesco, proveniente dalla Germania o con destinazione finale – magari via terra – Germania, la marina inglese sequestra tutto il carico e quindi accompagna il cargo verso un porto amico dell’Inghilterra. Sempre che non sequestri addirittura la nave, ovviamente.
Questo per dimostrare che non e’ necessario controllare un canale od uno stretto per bloccare il traffico marittimo.
Basta avere forze navali collocate nel punto giusto.

E non e’ nemmeno detto che qualche unita’ navale terza intervenga per trarvi d’impaccio, magari se e’ in corso un confronto duro tra India e Cina. Se un’unita’ navale indiana ferma il porta-container diretto in Cina e l’unica unita’ disponibile e’ americana, non e’ detto che quest’ultima intervenga. Dopotutto, il porta-container batte bandiera cinese e la settimana scorsa ci potrebbe essere stata una collisione nel Mar Cinese Meridionale tra un cacciatorpediniere USA ed una fregata cinese; la collisione sarebbe stata provocata da delle manovre spericolate.
Per semplicita’ – ed anche considerata la tipologia di contrasto piu’ probabile – ci limitiamo a situazioni non di guerra aperta o quasi aperta.
Questo significa che aerei, sommergibili e missili hanno un campo di applicazione limitato – un blocco navale che implichi silurare o missilizzare un cargo diventa una cosa seria. Cio’ nondimeno, l’esempio ricordato degli attacchi al traffico petrolifero nel Golfo Persico da parte dell’aviazione di Saddam Hussein – ed i missili Silkworm iraniani – dimostrano che si puo’ gravemente ostacolare il traffico marittimo anche senza unita’ di superficie.
I costi dell’export via mare in simili condizioni salirebbero alle stelle.

IL RISCHIO RAPPRESENTATO DALLE FORZE NAVALI DI SUPERFICIE
Tralasciando le marine storiche, vediamo qualche esempio di stato che potrebbe usare la propria marina di superficie. Magari piccola, ma con basi nei posti giusti per influire sul traffico marittimo – e rovinare il vostro export.
Per inciso, perche’ credete che la Cina stia cercando di espandere la sua marina d’alto mare ed avere basi un po’ dappertutto lungo le rotte dell’export e dell’import cinese?
Proprio per evitare di diventare ostaggio di qualche conflitto a bassa intensita’.
La Turchia ha una marina di superficie molto piccola – se parliamo di fregate od unita’ piu’ grandi – tuttavia ha ora una base nel Golfo Persico. Chissa’ cosa riserva il futuro.
L’Iran puo’ contare principalmente sui sommergibili – letali in caso di confronto aperto – per cui non e’ un grande pericolo in un conflitto a bassa intensita’ nell’Oceano Indiano.
Il Pakistan dispone di forze sufficienti a creare problemi, ma la marina indiana e’ molto piu’ potente.
La marina di superficie indiana e’ perfettamente in grado di creare seri problemi nell’Oceano Indiano.

FORZE NAVALI DI SUPERFICIE – NOTE SU CINA E IRAN
In caso di confronto con la Cina, se ne potrebbero vedere delle belle da quelle parti.
Il Giappone ha una marina potente, ma per ostacolare il traffico cinese in condizioni di guerra non aperta dovrebbe operare nell’Oceano Indiano od oltre. Il Giappone non ha basi oltremare. Inoltre, il traffico USA-Cina e Cina-Russia e’ ovviamente “intoccabile”.
La marina di superficie cinese e’ in grado – sempre in condizioni di guerra non aperta – di isolare Taiwan e di impedire il transito mercantile da e per il Giappone nel Mar Cinese Meridionale; in caso la situazione degenerasse ogni unita’ navale giapponese che entrasse in tale mare sarebbe in trappola. Questo spiega perche’ il Giappone appoggia fortemente gli USA nel loro confronto con la Cina nel Mar Cinese meridionale.
Ovviamente, gli attori maggiori come gli USA sono in grado di ostacolare il traffico marittimo quasi ovunque. Fanno eccezione il Mar Cinese Meridionale, parzialmente l’Oceano Indiano – in caso l’India si schieri contro gli USA – e pochi altri casi. Ma anche qui, una nave da guerra americana USA che blocchi in mare aperto una petroliera iraniana potrebbe esser considerata bersaglio lecito da un sommergibile iraniano.

E QUI VENIAMO AI SOMMERGIBILI ED AI MISSILI – PERFETTI PER GUASTARE IL VOSTRO EXPORT E LA VOSTRA INTERNAZIONALIZZAZIONE
Tralasciando gli scenari di guerra aperta, e’ indubbio che un missile al posto giusto – un porto, un piccolo mercantile – od un siluro possano cambiare radicalmente la situazione.
Ho affrontato la questione missili balistici, e delle conseguenze che potrebbe causare un semplice Scud lanciato su un porto, in Dominion – Missili ed Export. Quindi non mi ripetero’. Ricordo solo che i missili terra-aria a lungo raggio piu’ recenti possono spesso riuscire ad abbattere anche missili balistici.
Per quanto riguarda i missili da crociera ed altri “armamentari”, ne ho parlato in modo approfondito in Dove Internazionalizzare – Le Grandi Citta’ Costiere. L’articolo in questione va ben oltre le considerazioni sull’area costiera. Basti qui ricordare che i missili cruise – magari lanciati da aerei a lungo raggio – sono in grado di interdire enormi tratti di mare ed un’infinita’ di stretti e golfi.

All’enorme influenza geopolitica dei sommergibili e della facilita’ con cui possono paralizzare praticamente qualsiasi via marittima, ho invece solo accennato.
Un moderno sommergibile – se volete chiamarlo sottomarino fa lo stesso – e’ quasi impossibile da rilevare. Perfino i sommergibili diesel/elettrici – anche se privi di AIP, Air-Independent Propulsion – sono ormai delle ombre invisibili nei mari.
Un sottomarino moderno trasporta di solito vari siluri, e magari anche qualche missile da crociera – i migliori dei quali hanno ormai una velocita’ di almeno Mach 2. In poche parole, una simile unita’ in liberta’ e’ pericolosissima perfino per le navi da guerra – figuriamoci per una porta-container o per un mercantile tradizionale.

I SOTTOMARINI DELLE NAZIONI CHE POTREBBERO ELEVARE IL RISCHIO PER IL TRAFFICO MARITTIMI
Dove hanno base, di solito, i sommergibili delle nazioni piu’ “a rischio”?
Ecco qua:
- Turchia significa Mar Nero e Mar Mediterraneo, con la possibilita’ di entrare nell’Oceano Atlantico
- Iran significa Oceano Indiano ed oltre, ovvero la possibilita’ di bloccare le rotte da e per il canale di Suez – nonche’ per il Golfo persico. In questo caso, il Golfo Persico vero e proprio e’ salvo perche’ la profondita’ ridotta lo rende una trappola per i sottomarini
- Posto che l’efficienza dei sottomarini pakistani ed indiani e’ perlomeno dubbia, entrambi i paesi sono in grado di interdire l’Oceano Indiano ed oltre
- Corea del Nord: forse i suoi sommergibili non saranno il massimo, ma sono comunque in grado di creare non pochi grattacapi in tutto il Pacifico Occidentale.

SE I MERCANTILI SI SPOSTANO, I SOMMMERGIBILI FANNO LO STESSO
In realta’, tante marine dispongono di sommergibili – magari non sono il massimo, ma sono operativi. Il sottomarino, anche quando a propulsione non nucleare, dispone generalmente di un’autonomia che gli consente di operare a grandissima distanza dalle basi. E poi la storia della Kriegsmarine tedesca insegna: i sommergibili possono sempre essere riforniti in mare se serve – e perfino in porti amici.
Ricordatevi del sommergibile iraniano di cui abbiamo parlato precedentemente: felice e beato a navigare in Mediterraneo – si suppone con il pieno carico di siluri.

E se volete capire perche’ al tempo della crisi tra Russia e Turchia la seconda non ha cercato di interferire col traffico russo attraverso il Bosforo – e per favore non tiratemi fuori il trattato di Montreux – pensate a cosa avrebbero potuto fare i sommergibili russi in Mediterraneo al traffico mercantile turco. Lo avrebbe potuto fare grazie alla base siriana di Tartus, il vero nocciolo della questione siriana.
Resta il fatto che un sottomarino tendera’ ad operare il piu’ vicino possibile alle sue basi e nel settore “conteso”, esattamente come nel caso della crisi Turchia-Russia. Insomma, perlomeno l’Oceano Indiano – nonche’ Suez, il Mar Rosso, la rotta via Capo di Buona Speranza, l’accesso allo stretto di Malacca, indirettamente il Golfo Persico – ed una parte dell’Oceano Pacifico sono a rischio sommergibili.

CHE FARE? VENIAMO ORA ALL’AZIENDA CHE VUOLE FARE EXPORT E INTERNAZIONALIZZAZIONE
Passiamo dalla geopolitica al business: e voi pensate davvero che se ci sono problemi lungo una rotta marittima che usate per esportare, non sarete proprio voi a pagarne le conseguenze economiche?
Avete mai fatto le considerazioni che abbiamo qui fatto assieme?
Qualche consulente di internazionalizzazione vi ha mai posto la questione delle rotte marittime? O vi ha parlato solo di opportunita’, mercato target, rischio paese, Country Risk Map della Sace, ecc.?
Il punto e’ che dopo tutti i bei discorsi su prodotti, merci e mercati … il prodotto e le merci bisogna poi farli arrivare sul mercato. Ebbene, da che mondo e’ mondo, la gran parte delle merci dirette oltremare viaggia via mare – leggi porti e vie marittime. Del resto, prima delle strade e poi delle ferrovie erano i fiumi, le principali vie commerciali.
Ma allora, come fare?

COME AFFRONTARE IL NODO ROTTE MARITTIME?
Per amore di brevita’, faccio un elenco parziale di cosa dovrebbe fare l’azienda che si appresta ad internazionalizzare seriamente. Sempre per brevita’, supponiamo che tutta la parte di strategia aziendale ed altro sia gia’ stata preparata.
Siamo ora all’individuazione del mercato dove vogliamo esportare:
- Fare una seria analisi geopolitica – vedi Bisogna Fare Export ed Internazionalizzazione – Si’, ma Dove?
- Valutare i costi – ed i tempi! – della logistica. Seguira’ un confronto delle opportunita’ dei vari mercati alla luce di tale valutazione. Scommettiamo che gia’ avrete delle sorprese?
- Se non l’avete gia’ fatto – come avreste dovuto fare, perlomeno in linea generale – al primo punto: una seria analisi delle rotte marittime e dei porti necessari per i singoli mercati candidati. In alcuni casi avrete varie possibilita’ – e magari anche alternative “terrestri” e finanche aeree – in altri avrete ben poco margine di manovra
- Valutare i costi delle varie alternative, nonche’ i tempi ed i rischi. Fare una bella somma del tutto e rivedere le vostre previsioni sul costo omni-comprensivo; se esportate infrastrutture e simili, tempi e rischi diventano critici ancora piu’ del costo.
Video – Internazionalizzazione? Per il Dove non bastano le Considerazioni Economiche
LA SCELTA DEL MERCATO TARGET E DELLA COMPAGNIA MARITTIMA
Alla luce di quanto sopra, bisogna fare un bel confronto tra i vari mercati candidati.
Una volta scelto il mercato, dovrete intraprendere tutte le possibili azioni tese a minimizzare i rischi residui.
Ah, dimenticavo! Dovrete anche:
- Scegliere la compagnia di navigazione piu’ opportuna. Giusto per fare un esempio: se esportate in Iran, magari e’ meglio scegliere una nave battente bandiera svizzera – eh si’, la Svizzera ha una marina mercantile – od italiana piuttosto che americana o turca. La Svizzera e l’Italia non hanno certamente (vedi Rischi di Internazionalizzazione in Iran?) problemi ne’ con l’Iran ne’ con i vari paesi dell’area – e nemmeno con gli USA. Figuratevi che la Svizzera ha rappresentato gli interessi americani in Iran dopo la rivoluzione. La Turchia, invece, e’ pesantemente coinvolta nelle vicende del Golfo Persico – vedi Geopolitical Aspects of the Crisis between Qatar and Saudi Arabia
- Se c’e’ possibilita di scelta, scegliete il porto piu’ opportuno – i costi sono fondamentali, ma anche la stabilita’ e la nazionalita’ del porto contano
- Continuate a seguire la situazione geopolitica e la situazione di porti e rotte: lasciare partire un carico – supponiamo due settimane di navigazione e scalo in India, dove depositera’ il vostro container – su una nave cinese diretta in Cina, mentre nel frattempo sono prevedibili grossi ed immediati problemi tra India e Cina? Potrebbe non essere la piu’ brillante delle idee. Spero di avere reso l’idea.

COME ESPORTARE ED INTERNAZIONALIZZARE?
Tanto per cominciare, mettete un bel punto di domanda virtuale alla fine dei punti dei capitoli precedenti.
E cominciate a pensarci su.
Si’, lo so, ai convegni – workshops, seminari e chi piu’ ne ha piu’ ne metta – sull’internazionalizzazione non si sente mai parlare di certe cose. Pare quasi che faccia “brutto”.
Figuratevi che mi e’ stato fatto notare – in tono scherzoso e da una persona molto corretta che stimo – che: quando faccio le mie analisi geopolitiche ai convegni sull’internazionalizzazione, “spavento” le imprese. Ovviamente, il tono scherzoso serve a farmi capire che magari altri, beh … diciamo che magari rispondono meglio alle aspettative di chi arriva gia’ bello, “pompato” e pronto a lanciarsi nell’internazionalizzazione? Per essere chiaro: il cliente , gia’ “vittima” di certo marketing da “brigata internazionale”, sembra adorare le presentazioni colme di opportunita’.

Tornando ai punti di domanda virtuali: certe domande fatevele, magari con una carta geografica davanti. Ma non solo: certe domande fatele al consulente della societa’ di internazionalizzazione che si propone per aiutarvi con l’export dei vostri prodotti. Vedete se sa rispondere, o se non sa che dire, o se ancora cade dal pero. Vedete se comincia pure a parlare di Country Risk Map, di contatti affidabili (ecche’ hanno le pinne?), di lettere di credito (chissa’ se sempre esigibili, quando si parla di rischi geopolitici) e assicurazioni della Sace.
Niente – anzi! – contro la Sace che fa egregiamente il suo lavoro, eh!

SIAMO INFINE ARRIVATI IN PORTO
Questa e’ la seconda parte di un lungo articolo. La prima parte si intitola Le Rotte Marittime di Export ed Internazionalizzazione – Parte 1: Queste Sconosciute. Per non riempire l’articolo di links, trovi il link nelle prime parole del riassunto di questa seconda parte – subito sotto il titolo.
Ho gia’ ricevuto molti complimenti per la prima parte. Molti mi hanno detto che si’, in effetti rotte, porti e traffico marittimo non vengono mai considerati dalle societa’ di consulenza.
Tu che ne pensi?
Mi piacerebbe ricevere un feedback sui miei due articoli.