Internazionalizzazione delle PMI: Mercati Esteri, una Visione Distorta dagli Incentivi
Spesso concentrate sugli incentivi per l’internazionalizzazione delle PMI, le imprese hanno una visione distorta dei mercati esteri e di cos’e’ l’export.
INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE PMI – CHI E’ COSTEI?
PMI: mercati esteri, questi sconosciuti
Molte imprese hanno un’idea distorta e spesso negativa di cos’e’ l’internazionalizzazione. Quando si parla di mercati esteri, le PMI sono bombardate dalle mitiche occasioni e dalle proposte di incentivi – cortesia di una miriade di societa’ di consulenza per l’export.
Ma non finisce qui. L’internazionalizzazione viene spesso confusa con la delocalizzazione ed addirittura con la globalizzazione, per via di:
- Un sistema altamente statalista e burocratico e di una storica scarsa attenzione italiana all’estero. D’altronde, basta ascoltare un notiziario: quasi tutto il tempo viene dedicato a fatti interni e/o alla politica italiana
- Voucher – termine con connotati negativi in Italia – per l’internazionalizzazione proposti da varie societa’ di consulenza
- Una pressoche’ totale mancanza di una mentalita’ aziendale dei mercati esteri.

Incentivi per l’internazionalizzazione?
Invece di fare impresa, spesso le PMI adottano una mentalita’ adatta al mercato interno e si “accodano” a soluzioni di export frutto del sistema italiano.
Risultati:
- I mercati esteri sono una specie di creatura mitologica
- Le PMI si affidano in tutto a qualche azienda di consulenza. Questo non sarebbe un male in se, non fosse che il primo approccio del consulente consiste spesso nella proposta di agevolazioni e/o voucher.
Prima ho parlato del tempo spropositato dedicato alla politica interna sui notiziari italiani.
Ebbene, pare che uno dei cavalli di battaglia della politica italiana – anche a livello regionale – sia costituito dalle agevolazioni. In questo periodo, in varie regioni – ad esempio il Veneto – vanno forte gli incentivi per l’internazionalizzazione.

L’azienda subisce ancora
Pare quasi che nel sistema italiano fare politica industriale equivalga a distribuire agevolazioni varie. Poi magari per ottenerli l’impresa deve sottostare a condizioni varie e sottoporsi al click day – vedi il caso dell’innovation manager – ma incredibilmente:
- Nessuna azienda od associazione si “ribella”
- I consulenti e le societa’ di consulenza corrono subito per essere presenti nel mitico albo.

Internazionalizzazione non e’ sinonimo di globalizzazione
Mi sono reso conto che – soprattutto nel mondo delle PMI e del general public – molti non hanno idea di cosa sia l’internazionalizzazione. Di piu’, tanti la confondono spesso con la delocalizzazione od addirittura con la globalizzazione.
La cosa e’ nata su un grosso gruppo LinkedIn in italiano, dedicato alle PMI. Un semplice articolo ha generato una discussione – estremamente educata, come dovrebbero essere tutte tali discussioni.
E’ venuta alla luce una semplice verita’: quando si parla di internazionalizzazione, non solo tanti brancolano nel buio, ma la ritengono un “male” per le PMI italiane ed addirittura per l’economia dell’Italia.

La globalizzazione non c’entra niente
Anni fa ho scritto un articolo in materia – su LinkedIn, che per qualche strana ragione non riesce a recuperare i vecchi articoli – dove rilevavo che l’internazionalizzazione e’ l’esatto opposto della globalizzazione.
In poche parole: la’ dove la globalizzazione tende all’uniformita’, l’internazionalizzazione mira a mettere l’azienda – ed i suoi prodotti – in grado di operare su specifici mercati esteri.
Quello che mi interessa analizzare oggi e’ il perche’ di tale situazione – e cosa comporta.

L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DI STATO ED I VOUCHER
I voucher per l’internazionalizzazione
Come sapete, sono sempre stato estremamente critico sulla via italiana per l’export – vedi ad esempio Voucher per l’Internazionalizzazione delle PMI – Vi Giochereste l’Impresa?
Fondamentalmente, tutto e’ stato ridotto alla “sagra” dei voucher e ad una pletora di missioni, incontri B2B, ecc.
Per quanto anche organizzazioni statali o para-statali facciano un lavoro egregio, in generale tutto ruota attorno alle facilitazioni – o simili – statali. Purtroppo, l’Italia e’ un paese altamente statalista, dove:
- Pare che tutto debba partire dall’alto
- Purtroppo, troppe PMI dedicano troppo tempo alla caccia di agevolazioni varie anziche’ al fare impresa.
Preciso che vi sono anche eccellenti interventi – vedi il piano nazionale Industria 4.0 prima dello stravolgimento del 2020 – ma sull’export mi pare che sia stata imboccata la strada sbagliata.

Facciamo un esempio
E’ possibile che:
- Delle agevolazioni come i voucher per l’internazionalizzazione – al di la’ del nome che in Italia viene automaticamente associato al precariato dai piu’ – siano vincolate ad un preciso elenco di societa’ di consulenza internazionale?
- Tale elenco sia fatto da un Ministero – il Mise?
- La PMI non riceva un aiuto se non rivolgendosi alle societa’ presenti nell’elenco?
A me cio’ sembra:
- Quasi aiuto di stato per tali societa’ di consulenza – che sono le beneficiarie finali dello stanziamento
- L’esatto contrario della libera concorrenza e del fare impresa.

E’ questo il modo di porsi rispetto ai mercati internazionali?
Veramente si pensa di lanciare una PMI sui mercati esteri – dove la concorrenza e’ reale e si ragiona ben diversamente che in Italia – agendo cosi’?
L’internazionalizzazione e’ innanzitutto una forma mentale, e da li’ bisognerebbe cominciare.
In Italia, questo non e’ stato fatto.
C’e’ forse da stupirsi se tanti non hanno capito cos’e’ e se magari si lamentano che non e’ giusto che incentivi statali – in questo caso i voucher – vengano usati per favorire la fuga delle aziende e quindi creare disoccupazione?

C’E’ LA CRISI E LE IMPRESE SI BUTTANO
Vai di incentivi!
Siccome c’e’ crisi sul mercato interno, le PMI si buttano sugli incentivi – intanto provo. Peccato che:
- Sia previsto anche un investimento dell’impresa
- Si rischia di perdere tempo od addirittura di imboccare la strada sbagliata.
Si tratta di un rischio:
- Presente, sempre e comunque
- Che niente puo’ annullare, nemmeno lo stato.
Purtroppo, visto che le cose andavano bene e che in Italia si sta bene – frase che mi ripetevano tanti amici italiani vari anni fa – solo una percentuale minore di PMI ha ragionato seriamente di mercati esteri.

Un sistema che non vede l’estero
Non parliamo di qualche vendita da parte dell’aziernda, ma di un ragionamento serio e strutturato. La situazione non era del tutto colpa delle PMI, visto che:
- L’intera societa’ italiana era permeata dal concetto di in Italia si sta bene.
- C’e’ “l’aggravante” di un sistema altamente statalista e burocratizzato come pochi al mondo.
Basta leggere un giornale italiano o vedere un notiziario: al di la’ di pochi eventi esteri – generalmente trattati con grande “superficialita’” e magari pure con lenti “di parte” – pullula di un’ordalia di notizie politiche italiane e di cronaca interna.

La realta’ e’ che l’Italia e’ un paese:
- Chiuso su se’ stesso
- Che ancora oggi non sa uscire da una spirale che ruota attorno alla politica ed alle mitiche elezioni. Come se quest’ultime potessero rimediare alla pressoche’ totale assenza del concetto di operare all’estero, od anche solo raddrizzare miracolosamente l’economia italiana.

La convinzione italiana
Vi e’ la convinzione tutta italiana che:
- La politica possa cambiare tutto
- Le imprese possano miracolosamente tornare all’ormai antico splendore
Tale convinzione:
- Non ha niente a che fare col fare impresa e con i mercati esteri
- A tutti i livelli, e’ la madre di cose come i voucher per l’internazionalizzazione e di tante societa’ di consulenza che vi si sono gettate a capofitto – ovviamente per dire alle PMI che loro si’, sono nell’elenco ministeriale.

La crisi e l’internazionalizzazione delle PMI
Non vorrei sembrare cattivo, visto che anch’io sono un consulente: semplicemente, mi piace essere schietto e dire le cose come stanno – o perlomeno come le vedo io.
E’ arrivata la crisi, con un’Italia che e’ ora il fanalino di coda dell’Europa – o giu’ di li’. Miriadi di aziende hanno chiuso o sono in crisi, disoccupazione, sfiducia, demoralizzazione.
Visto quanto ho scritto finora, e’ ovvio che le imprese si siano gettate a capofitto sui mitici voucher, sugli incontri B2B, e quant’altro.
Pero’ diciamocelo:
- Questa – piu’ che internazionalizzazione delle PMI – e’ la disperata ricerca di ordini da parte di chi fino a ieri si disinteressava completamente dell’estero
- La caccia ai finanziamenti pubblici – o quello che sono – ha ben poco a che fare con il fare impresa.

La domanda sulle PMI e’:
- Hanno poi capito cos’e’ l’internazionalizzazione e cosa comporta
- Sanno cosa vuole dire operare all’estero
- Comprendono che anche solo appena oltre-confine c’e’ tutta un’altra mentalita’, oltre alla concorrenza – magari locale?
- Sanno che il tempo e’ denaro?

La risposta
L’azienda deve sopravvivere ed i vertici sperano nell’aiuto di stato.
Inoltre – come ho scritto in La Disperazione delle Aziende e le Consulenze Internazionali Trendy – spesso la PMI non ha compreso che non basta il commercialista e l’avvocato per operare sui mercati esteri.
Guarda caso, molti avvocati e commercialisti italiani si sono “buttati” nell’internazionalizzazione.
In Italia ha sempre funzionato cosi’: vista la burocrazia di dimensioni enormi, la piccole e media impresa italiana si affida ad un commercialista ed eventualmente ad un avvocato. Qui sta il problema.

Per essere chiaro, si dovrebbe parlare di:
- Estero, non di Italia
- Fare impresa, non di burocrazia italiana
- Strategie aziendali
- Rischi
- Analisi geopolitiche e di mercato
- Decidere dove – a livello di citta’ od al massimo di regione – il come e con che tempi.
Solo dopo avere parlato – perlomeno – di quanto visto, si puo’ pensare alla forma legale dell’azienda e del contratto.
Purtroppo, l’Italia e’ chiusa in se’ stessa.

LE PMI E L’INTERNAZIONALIZZAZIONE
Mercati esteri
Cosa dovrebbero pensare gli imprenditori quando:
- Tutto viene ridotto ad una serie di interventi statali?
- Il marketing di societa’ di consulenza consiste nel dire che loro si’, sono nell’elenco del Mise?
- Anche la sola parola voucher desta echi negativi nel paese?
- Quando gli imprenditori stessi ben poco sanno di come si muovono le cose all’estero – intendo operativamente ed imprenditorialmente?

Una cosa “brutta”?
E’ evidente che molti pensano che l’internazionalizzazione sia una brutta cosa che toglie lavoro alle PMI italiane.
Non solo ben pochi si sono mai curati di spiegare cos’e’ veramente l’internazionalizzazione, ovvero cio’ quello che alle PMI italiane sembra la “sagra” dei voucher e quant’altro. Abbiamo gia’ visto che i voucher non hanno praticamente nulla a vedere con l’internazionalizzazione vera.
A questo punto, e’ il caso che chiarisca questa cosa dell’internazionalizzazione. Si tratta di:
- Vendere all’estero e rendere l’azienda in grado di operare all’estero
- Esportare prodotti, in questo caso di aziende italiane
- Creare profitto ed occupazione. Maggiore occupazione significa maggiori consumi interni, per cui l’economia – e le imprese – ne beneficia.

Export e costo del lavoro
Non credo che sia un caso se il basso costo del lavoro italiano sia associato ad una pessima situazione delle aziende.
In Germania – dove il costo del lavoro e’ molto piu’ elevato – la situazione e’ migliore, infatti la:
- Disoccupazione e’ minore
- Qualita’ della vita e’ enormemente superiore
Per inciso, qualche anno fa la Germania esportava – in percentuale – quasi il doppio dell’Italia.

E senza l’export?
Giusto per chiarire: senza l’export, l’Italia sarebbe probabilmente messa come la Grecia o peggio.
L’export e’ merito di tante aziende italiane che hanno fatto impresa, senza affidarsi a di voucher e quant’altro. Perche’ inventarsi nuove strade stataliste, quando c’e’ gia’ l’esempio di come fare con successo?
Purtroppo, in Italia e’ cominciata la “sagra” dell’internazionalizzazione.
E’ stato dimenticato che andare all’estero significa innanzitutto cambiare mentalita’ e rendere l’impresa in grado di operare all’estero.
Non e’ facile? Lo so, ma se fosse facile tutte le imprese italiane sarebbero gia’ internazionalizzate.

Il grande male italiano?
Si tratta di un sistema:
- Dove troppi sono convinti che qualcosa come votare A invece di B cambiera’ la loro vita in dieci minuti
- Che fa tutto “semplice”,
- Dove lo slogan – ed il marketing – ha spesso sostituito l’analisi.
In questo sistema, ben pochi si preoccupano di fare capire alle PMI cosa significa internazionalizzare. A dirla tutta, ben pochi sanno cos’e’.
Diciamocelo: finche’ qualche consulente puo’ pensare di fare clienti scrivendo che il Qatar e’ il futuro, non si va da nessuna parte. Del resto, e’ un po’ come dire di esportare in Italia – invece di specificare perlomeno la regione.

La mia opinione?
Innanzitutto, gli imprenditori dovrebbero:
- Leggere di piu’ le notizie dall’estero su internet
- Perdere meno tempo con i talk show, dove tutti sembrano esperti di tutto.
Le PMI – Piccole e Medie Imprese – dovrebbero ricordarsi di cosa significa impresa, e farla. Dopo di che, dovrebbero vedere il mondo con occhi nuovi – non di quelli di media e quant’altro.
Allora le aziende:
- Capiranno veramente cos’e’ l’internazionalizzazione e la vedranno positivamente
- Sapranno che fare veramente impresa – e solo in questo caso – comporta benefici per l’azienda e tutta la societa’.

CONCLUSIONE
Per concludere, rimando alla frase finale del mio articolo al mio articolo Internazionalizzazione di Impresa – Una Nuova Era:
[Il consulente di internazionalizzazione] ‘… Aiuta l’imprenditore a trovare le nuove rotte e ad allestire un bastimento adeguato, per poi imbarcarsi e condurre la nave a destinazione – e, soprattutto, a venderne bene il carico ed a riportarla indietro piena di spezie …’
